sabato 18 febbraio 2023

Anni '30



Illustrazione di un bottone vorticoso simile a quello della collezione realizzata da Elsa Schiapparelli nel 1935-36 di ispirazione militare. I bottoni originali sono in metallo pressofuso, creati dall'artista Jean Cocteau per la stilista, applicati su una giacca rosso gallico e realizza da Ducharne in lana.

Negli anni '30 prevale una certa eleganza e ricerca artistica nonostante il nazionalismo e regime fascista che imponeva delle limitazioni in fatto di moda visto che prima di questo periodo era francese.
L'Italia riesce a riscattarsi organizzandosi bene bene affinché era riuscito a strappare alla Germania il primato e il mercato. Le principali aziende tradizionali italiane erano concentrate nella zona di Bergamo dal 1876 si producevano bottoni in corozo a Palazzo dell'Olio. Nel 1870 si erano insediate altre aziende specializzati in altri materiali quali unghie, ossa di bue, corno di bufalo, cervo e madreperla. Non solo in questa zona, ma era anche fiorente nel piacentino. Qui fu un dottore Vincenzo Rovera che con pochi operai diede inizio di produzione dei bottoni in corozo.
Nell'immediato finire della guerra le industrie operaie che si sviluppano erano delle cooperative di artigiani che si riuniscono per perfezionare al meglio il commercio del prodotto.
Un esempio di queste è la fabbrica di Bomisa dove cera la produzione a ciclo continuo e tra i soci erano presenti dei confezionisti.
Tempo di maschilismo, tasso di disoccupazione altissimo, ma un curioso caso vuole che nei bottonifici veniva considerato con un lavoro femminile. Benché veniva considerato un lavoro leggero, adatto alle mani piccole e alla precisione delle donne.
Le materie prime di magio impiego erano il corozo ricavato dalla palma “dum” che cresceva bene in Eritrea e nel Sudan. Assomigliava caratteristicamente nel processo lavorativo e di colorazione all'avorio vegetale che proviene dal sud America, ma si doveva considerare la differenza che era più facile da reperire. Inoltre, in quel periodo Eritrea era una colonia italiana.
Le produzioni dei bottoni in frutto italiana conquista persino il mercato delle case di moda francese. Persino le riviste francese quando descrivevano gli accessori all'allacciatura prendevano come riferimento le didascalie descrittive del modello.
Milano, alla fine degli anni Trenta, in via Montenapoleone, c'era un mini atelier chiamato “Mister Bottone” dai suoi numerosi clienti internazionali che lo stimavano evidentemente moltissimo. All'interno del negozio era presente un laboratorio con otto-dieci artigiani, un tornio, un bilancino, macchina per foderare bottoni di tessuto. Il proprietario di questa attività era Giuliano Fratti che creava e disegnava per chi li richiedeva sia per le sartorie oppure lui li vendeva al dettaglio.
“Ma che bel bottone, che bel bottone. Peccato che non sappia dove metterlo!” Così esclamava il sarto Ferrario quando nell'osservare un grande e vistoso bottone di frutto nero-lucido. Il giorno seguente avviene una telefonata, di conseguenza lui decise di confermare a Fratti che quel bottone sarebbe stato messo su un elegantissimo tailleur nero. In questo caso si potrebbe anche dire il bottone ha fatto l'abito.

Bibliografia

DE BUZZACCARINI VITTORIA e MINICI ISABELLA ZOTTI, Bottoni & bottoni, Modena, Zanfi, 1995, 2 ed.
EPSTEIN DINA e SAFRO MILLICENT, Buttons, New York, Harry N. Abrams Inc., 1991.
FERRIGNI PIETRO COCCOLUTO, I Bottoni nell'arte e nella storia, Napoli, Colonnesse, 1993, 2 ed.

Aggiornamento del 28/02/2023.

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