lunedì 12 giugno 2017

La nascita del bottone

Adelaide di Borgogna, anonimo, senza titolo,
mostra dei bottoni applicati sul centro davanti.
I primi bottoni, come li conosciamo noi sono comparsi nel Medioevo sia in forma decorativa che funzionale al loro uso e si ipotizza che fossero stati i Crociati ad importare il gusto dei Turchi, poiché usavano abbottonare i loro abiti dal mento alla vita e dai gomiti ai polsini. Un primo esempio dove vengono applicati dei bottoni in forma decorativa lo si può trovare sul ritratto fatto alla Regina ed Imperatrice del Sacro Romano Impero, Adelaide di Borgogna (931-999).
Ci sono altre testimonianze archeologiche del IX secolo, che confermano l'uso dei bottoni nell'abbigliamento medievale. Questo secondo il libro Dress Accessories Medieval Finds from Excavations in London e Textiles and Clothing 1150-1450. Queste fonti si basano sulle escavazioni di Londra, dova sono stati ritrovati in dei sepolcri anglosassoni delle tuniche con delle abbottonature.
In Irlanda, è stato trovato un bottone con il gambo in metallo smaltato con il design triskele.
Nel nord Europa durante degli scavi archeologici in Svizzera a Birka sono stati ritrovati dei bottoni datati intorno al IX e X secolo. Questi bottoni sono stati trovati su un indumento che ricordava un cappotto maschile dell'epoca.
Nel XIII secolo, in Francia, esistevano le corporazioni dei “boutonniers”, poiché erano registrati nei Registri dei Mestieri compilati da Etienne Bouileau, preposto di Parigi.
I bottoni sono nati per unire le maniche eleganti, ma strettissime, sulle scollature, sui polsini e sull'abbottonatura del davanti.
I materiali utilizzati sono in oro, argento, perla, ambra e corallo prima che fossero colpite dalle leggi suntuarie che ne limitarono l'utilizzo parsimonioso. I bottoni cambiano denominazione in base alla loro forma:
    Maspillo in lega di piombo del 1300 - 1500.
  • Pomelli o Maspilli: nascono nel 1200 e sono dei gioielli a forma di spillone, a forma rotonda e a forma di pomo, disponevano di un piccolo occhiello sul retro da dove passava il filo che li fissava alla stoffa, lasciando completamente libera la superficie, sono ornati  di smalti o gemme che costituiscono l'ornamento femminile nel XIII e nel XIV secolo;
  • Coppelle nascono nel 1300 e sono a forma di mezza sfera, senza gambo e occhiello, ma hanno sul dietro una barretta con becchetto per essere allacciate direttamente sulla veste a scopo ornamentale;
Ritratto di Lionello d'Este, Pisanello, 
1441, Bergamoindossa una sopraveste 
con delle applicazioni, di bottoni a mezza 
sfera detti coppelle.

Coppelle in lega di piombo e ghisa del XIII - XVI secolo.

Perolo, in lega di rame del 1500 - 1700.

  • Peroli nascono nel 1300 e sono a forma di pera e fabbricati in argento, oro, corallo, ambra e perle;
  • Magli, sono i bottoni fatti in corallo ed argento;
  • Le nozze di Cane, Giusto de' Menabuoi, 1376-78, Battistero del Duomo, Padova.
  • Ganci con asole metalliche o in argento dorato, diffusi nel 1400 e venivano utilizzati un po' dappertutto. Questa tipologia di bottone sono divisi in due parti una e composta in una prima parte da un anello metallico usato per l'abbigliamento che funge da passaggio di altri elementi come i nastri. Nella seconda parte del bottone c'è un gangerino o gancio, definito anche Kànlclialos, che significa cardine e ha la forma di un piccolo uncino metallico che si introduce nella maglietta e serve per chiudere gli indumenti. I bottoni, nonostante la recente scoperta della loro funzionalità, avevano ancora una forte impronta decorativa. Nel caso in cui avevano una loro funzione questi venivano applicati sui capi d'abbigliamento in particolare sulla scollatura, sulle maniche, sul collo della guarnacca, sui cappucci degli uomini e delle donne. I bottoni furono una prerogativa delle classi benestanti, che difesero il loro privilegio tramite le direttive da loro imposte, non sempre rispettate dai cittadini.

Bibliografia

AZZALI MARIELLA, Dizionario della moda , Bologna, Calderini, 1990, 1 ed.
DE BUZZACCARINI VITTORIA e MINICI ISABELLA ZOTTI, Bottoni & bottoni, Modena, Zanfi, 1995, 2 ed.
EPSTEIN DINA e SAFRO MILLICENT, Buttons, New York, Harry N. Abrams Inc., 1991.
FRANSEN LILLI, NØRGAARD ANNA e ØSTERGÅRD ELSE, Medieval Garments Reconstructed Norse Clothing Patterns, Aarhus University Press, 2011, 1 ed.
FERRIGNI PIETRO COCCOLUTO, I Bottoni nell'arte e nella storia, Napoli, Colonnesse, 1993, 2 ed.
FRUGONI CHIARA, Medioevo sul naso Occhiali, bottoni e altre invenzioni medievali, Bari, Gius. Laterza & Figli, 2001, 1 ed.
MAUGERI VINCENZA e PAFFUMI ANGELA , Percorsi di storia della moda e del costume , Vol. 1, Milano, Calderini edagricole, 2002, 1 ed.
READ BRIAN, Metal Buttons c.900 BC-c.AD 1700, Somerset, Portcullis, 2010, 2 ed.

venerdì 9 giugno 2017

Il bottone di una volta

Fibula semplice.
La parola fibula deriva dal latino che a sua volta dal greco e significa spilla, serve per unire le vesti sulle spalle e sulla vita oltre che come elemento decorativo. La fibula è costituita in due parti: una è composta da un elemento a forma di “uncino” ed è il corpo che dà la forma alla spilla, definito arco, l'altra, invece, funge da artiglio che tiene ferma la stoffa, chiamato artiglione. Entrambe le parti sono unite in un lato definito capo. Quando la fibula è chiusa, i due lati speculari prendono ognuno un termine differente: piede o molla, che rappresentano la parte che unisce l'arco e artiglione o staffa, che sono il punto d'apertura della spilla.
Fibula a drago, ritrovata nella tomba
di Bandinella, VII secolo a, C., Museo
Archeologico di Firenze.
La fibula inizialmente era realizzata esclusivamente in bronzo, successivamente è stata fatta in altri materiali come il ferro, l'argento dorato e l'oro, spesso veniva lavorata con tecniche finissime. Oltre all'utilizzo di questi materiali, ne appaiono altri che arricchiscono ulteriormente la spilla come l'ambra, l'osso, la pasta vitrea, il corallo, le gemme e le pietre preziose. La lunghezza della fibula varia dai 2,59 Cm ai 20 Cm) anche Se quest'ultima tipologia è molto rara. La fibula veniva utilizzata fin dall'antichità, in Occidente.
Le fibule vengono utilizzate dall'Età del Bronzo fino al VI secolo d. C., in epoca barbarica, dove avevano assunto delle forme decorative molto prestigiose; inoltre si erano diffuse in tutta l'area del Mediterraneo. In un certo senso la fibula non è altro che una “spilla di sicurezza” come pure la “spilla da balia”.
Fibula di Braganza, 250-200 a. C.,
British Museum, Londres, foto Manuel
Prada Lopéz de Corselas, 2007.



Fibula a cerniera, I secolo d. C., 
Museo Civico Archeologico di Bologna.

Sitografia
    http://www.treccani.it/enciclopedia/fibula_(Enciclopedia-Italiana)
    https://it.wikipedia.org/wiki/Fibula_(spilla)
    http://www.antiqva.org/Fibule.htm

    giovedì 8 giugno 2017

    Botan



    Il popolo degli antichi Romani (753 a. C - 476 d. C.) è stato fondato su traduzioni in stretto legame tra la penisola italica e la civiltà micenea. In origine nella città di Roma vi risiedevano vari villaggi dove si praticava l'agricoltura e la pastorizia. I latini in parallelo fiorivano con la civiltà etrusca e quella greca.
    In breve, nella storia del costume, la linea dell'abbigliamento era morbida e sinuosa. Gli indumenti degli antichi Romani erano semplice, sobrio ricordavano quello degli antichi greci. Quello maschile era caratterizzato dalla tunica formata da un solo pezzo di stoffa avvolto intorno al corpo partendo da una manica. Anticamente era privo di maniche in seguito sono state aggiunte. Sopra portavano un mantello chiamato toga.
    Mentre l'abbigliamento femminile era composto da una tunica molto simile a quella maschile, ma smanicata realizzata di lino o lana. Sopra di essa si indossava una stola che veniva tagliata a forma di “T”, ampia, lunga e raggiungeva le caviglie e fungeva da sopravveste. Le maniche della stola ottenute dall'ampiezza del tessuto in eccesso venivano fermate per mezzo di fibule o cammei disposti ad una distanza regolare l'uno dall'altra.
    Tranne per la tunica manicata che veniva indossata durante il I - II secolo d. C. Questa si presentava larga, molto simile e di ispirazione al chitone cheridos per le femmine e xistis per i maschi per quanto riguarda l'abbigliamento greco. Questo costume si può anche notare dalle opere presenti sulle lapidi repubblicane, non mancano statue, busti e ritratti vari. 
    Un esempio degno di nota è la statua di Livia Drusilla. Qui si possono notare lungo tutta la percorrenza delle maniche dei piccoli cerchi.
    Originariamente le donne greche lo utilizzavano sotto la stola mentre quelle romane la impiegavano come tunica esterna dalla classe superiore.
    La tunica, in generale veniva ricava da un pezzo di stoffa molto ampio che terminava a terra, per consentire la creazione e l'effetto delle maniche al gomito. Anche se in origine non c'erano. Questa era composta da due rettangoli di stoffa uniti insieme nella versione maschile erano cuciti sulle spalle esempio la dalmatica, tunica talare e in origine la tunica derivava dalla tebenna etrusca. Mentre in quella femminile erano allacciata solo in certi determinati punti nella restante non fermata si creavano in sostanza un cedimento del panno e creava così l'effetto manica, ancora più messo in evidenza dal fatto che la ricca veniva stretta in vita da una cordicella.
    La Manade danzante nella versione copia dai romani rappresenta benissimo questa linea di abbigliamento infatti ha indosso la tunica manicata con questi dispositivi di fissaggio.


    Danza della Menade, copia romana di origine greca, attribuita a Callimaco, fine V secolo a. C., Museo Nazionale del Prado, Spagna.

    Questi piccoli oggetti che servono per unire l'indumento venivano prodotti di vari aspetti, ma in generale si presentavano di dimensioni ridotti tra 1/2 cm, di forma circolare, sferica e piatta. Inoltre, non presentavano sempre un aspetto perfettamente rotondo, ma con rientranze o incisioni sulla superficie.
    In principio si pensava che questi dispositivi potevano essere delle borchie o delle fibula di forma circolare. Ma questa teoria viene smentita poiché sono di dimensioni molto ridotte, però non possono neanche essere dei bottoni nel senso moderno poiché i due tessuti si toccano, ma non si sovrappongono. 
    Potrebbero essere dei dischi, con una barra o un anello sul retro oppure cuciti su entrambi i bordi del tessuto di tela. 
    Il colore, l'avere dei reperti archeologici reali o comunque le materiale tangibile su cui confrontare queste teorie sarebbe l'idea. Attualmente esistono pochi reperti e soprattutto appaiono su alcuni esempi applicati sulle tuniche riprodotte molte sono in scultura altre in ritratti. Mentre sono pochissime quelli in pittura murale quindi colorati che rendono l'idea reale di come dovevano essere in origine anche se non sono molto utili perché con il tempo sono scarsa conservazione o la trascuratezza del dettaglio o altre conseguenza non ne rendo o un'idea leggibile e ben definita.
    Un alto motivo importante è chiarire il materiale con cui potevano essere fabbricati dalla affreschi murari la lucentezza, splendore del paternale e i riflessi che lascia il metallo potrebbe fare supporre che siano quelli di oro e argento. Ma è strano che non siano rifiniti con decorazioni varia per questo motivo, quindi lisci di firma circolare, per tanto si suppone che siano in realtà di stoffa. Questo si poteva ottenere riunendo i due pezzi di stoffa in un unico punto e di conseguenza venivano ottenute le pieghe causate da tale metodo di allacciatura.
    Un esempio di affresco romano è rappresentato dalla "vestire una sacerdotessa o una sposa", è ritrovato nella palestra delle Terme del Foro di Ercolano. In questo caso si possono vedere i colori di questi piccoli accessori tondeggianti attaccati alle maniche, brillano di luce propria sembrano dorati, ma non si sa se realmente lo sia. 


    Affresco romano, Terme del Foro, Scavi Archeologici di Ercolano, I secolo a. C.-79 d. C.


    Dedalo ed Icaro, dettaglio, affresco, I secolo a. C., Villa Imperiale, Pompei, Museo Archeologico Nazionale di Napoli. 

    Generale venivano applicati dai tre ai cinque dispositivi di fissaggio per manica, ma se potevano arrivare ad un massimo di sette. L'intimo non giungeva al termine della manica così la lasciva libera di poter essere rivoltata a piacimento.


    Livia Drusila, statua in marmo, 1-25 d. C., Museo Archeologico Nazionale, Spagna.

    Sopra a questa si poteva indossare un mantello di lana chiamato palla simile a quello maschile, veniva finemente drappeggiato. Questo era di forma rettangolare, poteva essere portato da solo oppure completato con un ulteriore scialle chiamato flammeum con un largo bordo colorato. Pertanto questo poteva assumere anche l'aspetto di una sottoveste.
    Per quanto riguarda l'abbigliamento della classe inferiore non cambia molto in linea generale. Loro indossavano tuniche e mantelli molto più semplici e meno raffinati. Nel caso delle acconciature gli uomini avevo i capelli corti divisi a ciocche, mentre le donne chiome folte raccolte in chignon arrivate alla fronte e alle tempie.
    I Romani che imitano letteralmente l'arte greca, non utilizzano i bottoni anche se sono stati ritrovati dei bottoni i quali ricordano molto similmente gli alamari per il loro modo di allacciarsi. Infatti questi presentavano un disco piatto superiore nel quale era attaccato un dispositivo di fissaggio della testa che era leggermente concava. Il gambo sotto la testa del bottone era corto e tozzo e si estendeva a 90° per formare un triangolo, l'occhiello dal profilo si presentava piatto.


    Bottone con intarsi si smalto risalente al I secolo - II secolo d. C. La testa è corta e tozza mentre il gambo si estende a 90° per formare un triangolo. Il foro dal profilo si presenta piatto.

    Generalmente i bottoni dell'Età del Ferro possono ricordare gli alamari per conformazione generica cioè a cornetto, oppure potevano essere quadrati, circolari o avere un gambo similare a quello che si trova nei comuni bottoni attuali. Inoltre in alcuni bottoni la superficie era rifinita con dei motivi decorativi di forma circolare, triangolare, quadrangolare, di visi umani, eccetera. Questi bottoni sono stati trovati soprattutto in Inghilterra. 
    Bottone risalente all'Età del Ferro, intorno al 100 a. C. - 42 d.C, è in lega di rame.

    I Romani utilizzavano solitamente delle fibule per legare gli indumenti anche se è stata ritrovata una statua di un soldato romano esposta attualmente presente presso il Museo di Londra. Il suddetto indossa un mantello chiamato paenula allacciato con dei bottoni su una tunica chiusa sul centro davanti. La statua si chiama Camomile Street, è una testimonianza ed è stata datata intorno al IV secolo d. C. Inoltre, ho trovato un altro esempio su un particolare di un milite della IV Coorte dei Vigili presente sulla stele funebre di Lucius Monnenius Secundus. Questo è stato raffigurato con la paenula abbottonata con qualcosa simile hai bottoni alamari e con un lembo rialzato. Per questo si ipotizza che i bottoni venissero utilizzati dai soldati romani. Talvolta erano aperte sul centro davanti e munite di bottoni per poter essere allacciate. Queste hanno numerose variazioni di taglio. Occasionalmente potevano avere anche il cappuccio. Mentre, qualche volta erano lunghe a ruota o più corte nei lati. Infine, il dietro poteva terminare a punta oppure con il fondo arrotondato. Mentre in altri situazioni i soldati romani  utilizzavano dei segmenti sovrapposti in ferro chiusi da dei bottoni per formare una corazza metallica.
    Un altro esempio si potrebbe ritrovare nella pelletteria dell'Impero Romano e incorpora alcune delle prime asole, con il legionario Loculus (satchel) chiuso con l'inserimento di una fibbia metallica o un di bottone e asole.


    Statua di un soldato romano trovata a Camomille Street, 43-410 d. C., Museo di Londra. Il soldato indossa una paenula allaccia sul centro davanti con dei bottoni. 

    Oltre a quanto detto le matrone romane indossavano delle tuniche molto spesso fittamente plissettate e qualche volta capitava che venissero chiuse sulle spalle da una serie di bottoni che scendevano lungo tutta la manica.
    Esistono una serie di scultura in bronzo delle ballerine, sono cinque sculture, datate intorno al V secolo a. C. l'originale, mentre le copie romane sono postume vale a dire che sono state realizzate intorno al V secolo d. C. Queste opere sono esposte nella Villa dei Papiri (Villa dei Papiri) di Ercolano in mostra al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. 
    La particolarità, degna di nota è che indossano un chitone dorico allacciato sulle spalle con dei bottoni uno per ciascuna spalla. Questo è un dettaglio importante e ben visibile e chiaro perché in uno scultura è palese, messo in risalto, l'opera ferma, mentre è in procinto di allacciare il chitone. In un dettaglio di questa serie di opere statuarie una fanciulla mostra il suo chitone e il bottone con un pomello centrale che probabilmente sarebbe rappresentati il cordone utilizzato per annodate e quindi fissare il bottone sull'indumento e per tenere fermo il tutto.

    Danzatrice di Ercolano esposta nella Villa dei Papiri (Villa dei Papiri) di Ercolano in mostra al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, campania, Italy.

    Alcune fonti sostengono che durante questo periodo si utilizzavano delle spille decorative a forma di luna chiamate “lunulae” che venivano appuntate o cucite sulle calzature. In particolare era considerato un ornamento aggiunto sui calceus senatorio spettante soltanto a coloro che appartenevano alla nobiltà di razza. La calzatura era alta, arrivava fino a mezza gamba, di pelle sottile e pieghevole, tinta di nero. Si allacciava tramite quattro corregge. La lunulae serviva per distinguerli da qualsiasi altra tipologia di nobili di recente inseriti nella cerchia sociale. Tale elemento era cucito al cuoio, sul collo dello stivaletto del piede.  Purtroppo fra le numerose statue, raffigurazione vari senatori non c'è alcun esempio di calceo lunato.

    Scarpa vichinga ha una chiusura particolare che ricorda un bottone con il passante.

    Altre fonti, invece sostengono che la lunula è invece una particolare collana o collare a forma di mezzaluna, adottata intorno alla fine del Neolitico oppure più probabilmente nell'Età del Bronzo, tra 2.200-2.000 a. C. Mentre per gli antichi romani era considerato un amuleto o un ornamento a forma di spicchio di luna.
    Queste collane erano fatte in oro e sono state ritrovate soprattutto in Irlanda, ma anche in altri stati europei come in Portogallo e in Gran Bretagna. In Italia sono conosciute con il nome di Bulla utilizzata come amuleto dai Romani e dagli Etruschi.
    In Germania, nell'Età del Bronzo, precisamente nel 500 a. C., venivano utilizzati una specie di bottoni gemelli simili a quelli adottati oggigiorno nei polsi dagli uomini, in particolare nell'abbigliamento elegante. Questi erano formati da due piastre unite da una barretta rigida, in metallo o in piccole ossa di animale e la testa poteva fungere da bottone. In Germania questo piccolo oggetto veniva utilizzato per allacciare gli indumenti come le vesti e i calzoni, veniva chiamato “botan”.
    Mentre, al Museo di Fratta Polesine, sono esposti dei piccoli oggetti classificati come bottoni gemelli, risalenti all’Età del Bronzo finale (XII - IX secolo a. C.). Questi sarebbero stati utilizzati per unire i lembi di una fodera in cuoio di una spada. Nello stesso museo sono esposti anche dei dischetti, probabilmente avevano una funzione ornamentale e alcuni di questi presentano cinque fori. Questi ricordano in particolar modo i bottoni adottati nella biancheria intima del Settecento e Ottocento.
    Solitamente nella preistoria il bottone veniva utilizzato come mezzo decorativo per ornare le vesti, oppure come perline, per creare dei meravigliosi gioielli come delle collane. Mentre altre fonti sostengono che potrebbero essere utilizzati come sigilli. Questo poteva accedere nel caso in cui possiedano una parte incisa che permetteva loro tale pratica.
    Pertanto nel VIII/VII epoca sono stati scoperti dei bottoni in Svezia, a Norma. Attualmente quest'ultimi si trovano al MET di New York.



    Bibliografia e sitografia

    AZZALI MARIELLA, Dizionario della moda , Bologna, Calderini, 1990, 1 ed.
    CROOM ALEXANDRA, Roman Clothing and Fashion, ‎Amberley Pub Plc (15 settembre 2010), 3 ed.
    DE BUZZACCARINI VITTORIA e MINICI ISABELLA ZOTTI, Bottoni & bottoni, Modena, Zanfi, 1995, 2 ed.
    EPSTEIN DINA e SAFRO MILLICENT, Buttons, New York, Harry N. Abrams Inc., 1991.
    FERRIGNI PIETRO COCCOLUTO, I Bottoni nell'arte e nella storia, Napoli, Colonnesse, 1993, 2 ed.
    READ BRIAN, Metal Buttons c.900 BC-c.AD 1700, Somerset, Portcullis, 2010, 2 ed.
    https://www.roma-victrix.com/summa-divisio/armamentarium/vestitvs/paenula-sagum.html

    Aggiornamento del 8 settembre 2021.
    Aggiornamento del 6 Febbraio 2022.

    martedì 6 giugno 2017

    Bottoni Etruschi

    Bottoni Etruschi a forma conica con una perforazione a "V" ritrovati sulla tomba di Lippi, Museo Civico Archeologico di Verucchio.

    Gli Etruschi erano una grande popolazione vissuta nella penisola italica intorno al IX - VI a.C. Le loro origini sono ancora attualmente sconosciute tuttavia tendono a ipotizzare la loro provenienza da territori mediorientali (Anatolia) o dall'Europa centrale. I primi insediamenti risalgono all'età del Ferro (IX - VIII a. C.) nell'attuale Toscana è alto Lazio. In seguito si espansero in tutta Italia tenendo rapporti commerciali con le popolazioni vicine (Grecia e Fenici) fino all’invasione dei Romani.
    Nell'abbigliamento avevano una linea ampia e morbidamente drappeggiata. Queste solitamente portavano dei bordi con colori in contrasto. Generalmente uomini e donne non si distinguevano dall'abbigliamento. Infatti, loro portavano due elementi fondamentali in comune: una tunica e il mantello. Questi subiscono delle variazioni a seconda di chi li indossa nelle dimensioni e nella forma. In generale portavano un'ampia tunica a maniche corte realizzata con un tessuto leggero chiamato chitone. Sopra a questo indossavano un mantello succinto che prende il nome di trabea, se era ampio conosciuto come tebenna. Quest'ultimo veniva portato anche senza tunica. Come copricapo portavano un cappello conico chiamato tutulus o delle cuffie. Calzavano degli stivali stringati con punte pronunciate nominati calcei repandi. Inoltre, siccome erano abili con una straordinaria raffinatezza rappresentativa in oreficeria producevano e indossavano fermagli, anelli, collane e orecchini.
    Gli Etruschi cucivano sulle loro vesti funebri dei "bottoni" raffiguranti farfalle o a forma di coni. Secondo la loro concezione i bottoni a forma di farfalla dovevano aiutare lo spirito a passare oltre la vita terrena ed erano disposti in maniera ornamentale per impreziosire i loro indumenti. Infatti, sono stati ritrovati dei bottoni nella tomba di Lippi attualmente sono presenti presso il Museo Civico Archeologico di Verucchio. Questi piccoli oggetti sono in ambra a forma conica, di diverse dimensioni, i quali presentano sul rovescio due piccoli forellini a forma di "V" che permettono l'accesso al filo per essere unito sulla stoffa, ma manca la presenza di abbottonature ed asole. I bottoni di questo tipo, applicati ad un tessuto dovevano dare l'immagine di preziosità analoghe a quelle delle borchie in bronzo. Questi sono stati ritrovati sparsi nella tomba, probabilmente per il fatto che il filo in fibra vegetale, con cui sono stati cuciti si è deteriorato oppure può essere che con il peso del bottone stesso si sia spezzato.
    Gli Etruschi quotidianamente per allacciarsi gli indumenti utilizzavano dei legacci.
    A Verucchio era particolarmente apprezzata l'ambra, a tal punto che serviva per creare o ricoprire vari oggetti che risultano particolarmente antichi. Inoltre, questo materiale, scarso nel territorio italico, ha un valore terapeutico e protettivo. L'ambra viene collegata anche al mito di Fetonte, figlio del dio sole chiamato Elio. Il racconto narra di una mattina, dove Fetonte chiese al padre di poter guidare il carro del sole per un giorno dimostrando così a Epafo di essere il figlio di Elio. Il dio del sole cedette a questa proposta anche se era contrario. Ma Fetonte non era in grado di saper tenere le redini dei cavalli e di conseguenza o andava troppo in alto nel cielo, facendo rabbrividire per il freddo la terra e bruciando così una parete della volta celeste che ha portato alla creazione della Via Lattea; o andava troppo vicino alla terra, sfiorando la Libia da rendere aridi i suoi campi coltivati. Conseguentemente, gli abitanti della terra chiesero aiuto a Zeus per tali avvenimenti particolarmente incresciosi, lui arrabbiato decide di colpirlo con un fulmine che lo incendiò. Fetonte precipitò nell'Eridano (fiume Po). Le sorelle di Fetonte, avvolte da un dolore struggente, non riuscirono a darsi pace e piansero incessantemente lacrime copiose. Gli dei decisero allora, di trasformarle in pioppi i quali disposti lungo la riva del fiume e dove lacrimavano ambra. Inoltre, l'ambra presente a Verucchio testimonia il periodo dell'Orientalismo etrusco che percorre dalla fine del VIII al VII secolo a. C., afferma la capacità di poter provvedere ai circuiti economici e la possibilità di realizzare dei manufatti molto raffinati e sofisticati.
    L'abbigliamento e le usanze etrusche subiscono con il trascorrere del tempo e le influenze della cultura greco-romana. Questo accade anche nella storia del costume Etrusco. Un esempio è la scultura in bronzo di Marte a Todi. L'armatura presenta un metodi allacciatura che ricorda dei bottoni con al centro un foro e stringhe con legacci chiaramente indicati.

    Marte di Todi,
    Statua etrusca, in bronzo, di un guerriero, V secolo a. C. Il guerriero indossa una corazza e un tempo reggeva nella mano destra una patera e nella sinistra una lancia. Sul busto della corazza sono presenti dei cerchi che potrebbero assomigliare a qualche bottone e dovevano fermare l'indumento.


    Un altro esempio Etrusco è il busto di Arrianna. Qui di seguito si possono notare una specie di oggetti circolari che potrebbero essere dei bottoni, sono presenti sulle spalle e braccia attaccati al chitone ionico. Ma non si ha la certezza se siano delle borchie, piccole fibule o altro, non è ancora del tutto chiaro.

    Busto di Arrianna da Falerii Novi, III secolo a. C. Etrusco. Si possono notare diversi elementi che ricordano dei bottoni disposti lungo le spalle e le braccia, applicati sul chitone ionico.

    Dea Diana, statua in terracotta, Etrusca, II-I secolo a. C. Costume tipicamente greco - romano, indossa un chitone ionico con sopra un himation. Sembrano entrambi fissati con una serie di piccoli bottoni circolari lungo le spalle e le braccia su entrambi i lati il primo. Mentre, il secondo solo su un lato.

    Benché, gli esempi citati siano molto scarsi non significa che la civiltà etrusca utilizzasse in maniera sporatica, ma neppure che ne fosse ignara la loro conoscenza e neanche poteva avere quella abitudine acquistata con il passare dei secoli, che abbiamo noi nell'utilizzo dei bottone.
    Pertanto, ancora non si può dire, ne conferma con certezza che gli Etruschi utilizzavano i bottoni per allacciare i loro indumenti.


    Statua etrusca in terracotta di una giovane donna di fine IV-inizio III secolo a.C


    Statua in terracotta di una donna.
    Ultimo terzo del IV sec. a. C.
    Dal deposito votivo nel santuario di Minerva Tritonia, Lavinium
    Museo Archeologico Lavinium,
    Pomezia (RM), Italia.


    Bibliografia

    AZZALI MARIELLA, Dizionario della moda, Bologna, Calderini, 1990, 1ed.
    COSTANTINI MARTA CUOGHI e SILVESTRI IOLANDA, Il filo della storia Tessuti antichi in Emilia Romagna, Bologna, Clueb, 2005, 1 ed.
    ELDERKIN MCK. KATE, "Buttons and Their Use on Greek Garments". American Journal of Archaeology, vol. 32, no. 3, 1928, pp. 333-345. JSTOR, doi:10.2307/497471. Accessed 30 June 2021.
    https://www.jstor.org/stable/497471
    MAUGERI VINCENZO, PAFFUMI ANGELA, Percorsi di storia della moda e del costume, volume 1, Edizioni Calderini edagricole, 2002, Milano.

    Aggiornamento del 09/09/2021.
    Aggiornamento del 30/01/2022.

    giovedì 1 giugno 2017

    Bottoni Antico Egitto

    Bottoni Preistorici realizzati in ceramica e pietre,
    di origine egizia, greca e iraniana. I bottoni ritrovati hanno
    la forma di scarabei, fiori e segni vari.

    Nell'antico Egitto (5.000 - 30 a. C.) indossavano un abbigliamento di linea geometrica di forma triangolare. Gli uomini indossavano un perizoma semplice definito pano, nelle classi inferiore. Invece, negli ambienti più agiati portavano lo schema che erano più elaborati, in lino, di forma triangolare e pieghettati  schentis.

    Rappresentazione di come poteva essere indossato un pano o pagne. Illustrazione di Alessandra Mambelli.

    Raffigurazione di un altro modo di come poteva essere indossato lì schentis. Illustrazione di Alessandra Mambelli.

    Rappresentazione di un terso metodo di come poteva essere sistemato lo schentis. Illustrazione di Alessandra Mambelli.

    Rappresentazione di vari modelli di pano o schentis prima del 1.500 a. C.

    Statua di Anti-Shedu della IV dinastia, Museo Egizio del Cairo. La scultura rappresenta una persona con indosso uno schentis. Questo da un lato presenta delle pieghe, mentre dall'altro è liscio ed è trattenuto in vita da un nodo piatto.

    Utilizzavano anche delle vesti trasparenti di lino bianco con copricapo costituito da un panno di lino per coprire la fronte, lascia scoperte le orecchie, cade sulle spalle e sul dorso fermato da un nodo. Poteva essere realizzato in tessuto di lino o cotone, questa acconciatura viene chiamata klaft. Esiste un casco militare che simboleggia la regalità guarnito dalla testa del cobra e dell'avvoltoio chiamato kheperesh
    Rappresentazione di un esempio di alcuni modelli di abbigliamento maschile indossati nell'antico Egitto. Illustrazione di Alessandra Mambelli.

    Nell'abbigliamento femminile indossavano una veste aderente, leggerissima, sostenuta da una o due bretelle. Inoltre, lasciava intravedere talvolta il seno scoperto dove veniva annoda  e questa è nominata kalasiris. L'emblema regale prende il nome di uraeus, ha una testa avvolta da un cerchio d'oro disposto sulla fronte termina con la riproduzione di una testa di avvoltoio di serpente. Utilizzavano in generale anche i sandali,  le collane, i bracciali,  gli anelli,  le spillo,  i diademi,  gli orecchini,  le parrucche.

    Rappresentazione di come si inizia ad indossare un modello di indumento dell'antico Egitto.

    Due tipologie di kalasiris. Una manicata, mentre l'altra no, entrambe giungono alle caviglie. Illustrazione di Alessandra Mambelli.

    Kalasiris manicato, con scollatura a girocollo con un taglio sul centro davanti. Illustrazione di Alessandra Mambelli.

    Modello di kalasiris con bratelle. 
    L'indumento è lungo termina alle caviglie, lascia scoperti i seni ed è sostenuto da due bretelle poste su entrambi le spalle. Talvolta esistono dei modelli con una bratella sola e posta in maniera obliqua. Illustrazione di Alessandra Mambelli.


    Modello di kalasiris. Illustrazione di Alessandra Mambelli.

    Questa breve introduzione di storia del costume, serve come inquadramento per rendere chiaro il fatto che i loro indumenti erano sprovvisti di bottoni.
    Durante alcuni scavi archeologici, sono stati rinvenuti in Egitto degli oggetti che ricordano per forma a dei bottoni  in particolare a Qua, ma anche a Dendera, Abydos e Kafr'Ammar vicino Tarknàn e un piccolo gruppo è stato ritrovato da El-Mahàsna, Hû, Abydos e Zaraby vicino Asyût. Un altro gruppo è stato ritrovato a Qâw El-Kebïr, Matmat e Mostagedda. Altri oggetti simili, ma meno comuni sono stati ritrovati a Gïza, Saqqàra e El-Haraga e a Kom el-Hisn e Abû Ghalen ad est del Delta. Questi oggetti solitamente sono stati rinvenuti da dei resti di un'antica civiltà dove sono presenti anche dei cimiteri. Lì sono stati scoperti alcuni elementi che ricordano per forma e dimensione a dei bottoni. Questi possono essere definito in vari modi in base all’ipotetico funzione come bottoni - allacciatura, bottone - distintivo, bottoni - decorativi o amuleto e bottoni - sigilli o sigillo a bottone. Il termine bottone è inaccurato dato dalla forma, è solo uno dei molti aspetti dubbiosi reso noto dagli oggetti che erano probabilmente usati come sigillo o amuleto.
    Questi oggetti sono stati trovati in vari scavi e commercializzati talvolta dagli antiquari illegalmente, prelevandoli da molti siti archeologici che erano fiorenti e illeciti, inoltre spesso erano già stati svolti ancora prima delle escavazioni regolari. Pertanto, un grande numero di amuleti di design di questo periodo attualmente è esposto in dei musei collezioni privati.
    I bottoni - allacciatura sono generalmente di forma circolari e hanno il gambo forato e che quindi potevano servire forse per affibbiare o fissare qualsiasi cosa. Ma, in tal caso non ci sono sostanzialmente testimonianze storiche a sostegno di questa teoria. Comunque si esclude il loro utilizzo come mezzo per allacciare gli indumenti per il semplice fatto che chi studia taglio storico nell'abbigliamento dell'antico Egitto sa perfettamente che non necessitano del bottone. Loro si avvolgevano la stoffa sul corpo e per fissarla utilizzavano delle fettucce, lacci, bende o praticavano dei nodi.
    Mentre i bottoni - decorativi, si pensa che siano stati utilizzati per addobbare, rifinire gli indumenti o altro. Questi venivano cucire come un odierno, normalissimo lustrino. In generale però si poteva realizzare dei gioielli quali collane o bracciali. Infatti, i bottoni in questione sono dotati al centro o sul retro di un foro o di un gambo perforato per fare passare il filo o altro.
    Al contrario nei bottoni - sigilli si ipotizza che potevano essere impiegati come amuleti e distintivo di rango. Infatti, si pensa che veniva considerato, il bottone come un rango distintivo equiparato a quelli adottati dai mandarini cinesi. Analizzando i segni presenti sui bottoni si possono notare la loro ripetitività e se capovolti, il loro significato rimane invariato. Per questo fatto si suppone che venissero utilizzati come distintivo di rango perché hanno la capacità di essere guardati da qualsiasi angolazione uno volesse e di conseguenza potevano essere compresi da chiunque. Questo avveniva, poiché i bottoni in questione sono incisi dei segni in rilievo dove sono raffigurate delle forme.

    Alcuni esempi di bottoni provenienti dall'antico Egitto, pagina di W. Flinders Petrie, “Button and design scarabs”, 1.925.

    Sui bottoni-sigilli Arthur Evans (1.851 - 1.941) era uno dei massimi studiosi su questo argomento. Lui, era un archeologo britannico. Infatti, durante i suoi scavi ha trovato le rovine dell'antica città di Knossos a Creta e Minoica. Il suo lavoro è stato uno dei maggiori successi archeologi che ha portato alla luce molti reperti tra i quali anche anche dei bottoni-sigillo. La maggior parte di questi si presentano lisci sul retro e non sono forati. Mentre sul davanti presentano delle raffigurazioni varie come animali, persone o segni incisi o altre.
    Sicuramente si potrebbe ipotizzare che questi servissero per sigillare qualcosa al di fuori del campo dell'abbigliamento e per testimoniare la classe sociale di appartenenza.
    I bottoni - amuleto ritrovati devono essere prima contestualizzati in base al luogo di ritrovamento. In modo schiacciante venivano associati e ritrovati soprattutto sui reperti femminili o nelle sepolture dei bambini. Loro erano usualmente trovati al collo e lungo il corpo a lungo come se fossero considerate delle perle di una collane. Un numero era portato alla luce stretto in mano o in stringhe intorno alle dita e pochi altri tra gli articoli da toilet usualmente posti in dei piccoli contenitori. Questo dettaglio potrebbe suggerire il loro impiego come uso identificativo militare e quindi come bottone - distintivo. Sebbene da questa evidente testimonianza archeologica suggerisce una netta contraddizione. Pertanto, gli amuleti potrebbero essere visti come dei gioielli femminili. Più probabilmente è possibile che gli amuleti venissero impiegati come dei semplici sigilli. Questo non è evidente da un singolo esempio bisognerebbe verificalo sulla base di varie testimonianze. Sebbene questa ipotesi potrebbe essere confutata con un altra dimostrazione attraverso un pezzo di argilla  che potrebbe essere espressa come possibile prova. Questa è stata scoperta nel 1905 fa Deutsche Orientgesellschaft nella spedizione del tempio di Neferirkare a Abūsir. È di forma ovale. Ma al di fuori delle precise indicazioni e contesto archeologico voler indicare questo oggetto come bottone - amuleto sarebbe poco saggio identificarlo in tale maniera, era probabilmente in uso come sigillo sulle basi di questo singolo esempio. Su altri esempi sono stati rinvenuti degli oggetti usati come sigilli su papiri e documenti redatti successivamente alla XI Dinastia, probabilmente potevano essere utilizzati anche prima.
    Dal tempo dei primi bottoni - amuleti apparsi nelle escavazioni si potrebbe notare, chissà che non erano interamente Egiziani. Forse si evince dal fatto che presentano una tendenza nel ricercare ispirazione da modelli appartenete ad altre civiltà come quella cretese. 
    Un gruppo di bottoni - amuleti sono stati rinvenuti a El-Mahâsna nel cimitero ma questi fanno parte della storia Egiziana.
    Si potrebbe pensare che ci siano state delle influenze esterne nelle cultura materiale oppure no?
    Potrebbe essere delle connessioni con il popolo Siriano evidenziato da alcune influenze asiatiche di forme cilindriche sui sigilli, ma è solo un'ipotesi poco plausibile data dal fatto che comunque rappresentano per materiale, aspetto, forme e cultura tipicamente egiziano.
    Su questi accessori sono raffigurati vari elementi figurativi come monogrammi, animali, piramidi, corpi stilizzati e decorazioni varie.
    La forma del dietro del gambo è generalmente quella di una piramide di varie dimensioni, più o meno arrotondate. La punta in altro potrebbe essere squadrata o rettangolare o arrotondata.

    Illustrazione di alcuni gambi di bottoni dell'antico Egitto.

    Un particolare modello degno di nota è l'esistenza di alcuni elementi che ricordano dei bottoni a forma di margherita di faience, sono attestati e provenienti dall'antico Egitto. Attualmente ne sono documenti circa 3.000 esemplari, di cui 10 presenti al Museo Fiorentino, ma solo un tipo ha un sistema ad incastro. Questi oggetti ornamentali sono di pietra dura e oro (cloisonnè), presentano uno schema definito a "rosetta", o "margherita" formati da petali aperti disposti intorno ad un bottone centrale. I petali variano da un numero di 8 - 16. Il retro di norma è liscio. Tali accessori venivano modellati e stampati con la tecnica faience in monocromia (giallo), dicromia (bianco - giallo o blu) e policromia. Talvolta nel caso in cui hanno un colore bicromo bianco e grigio, argento o bruno con il bottone centrale giallo, si pensa che la scelta cromatica sia dovuta alla necessità di imitare la tinta dei metalli preziosi. Possono raggiungere dai 1 - 3 cm, raramente raggiungono oltre i 4 cm e in casi eccezionali più di 6 cm.
    Si ipotizza che avevano la facoltà di servire come elementi da monili - amuleti per collane o pendagli collegati mediante fori, passanti o anelli. Purtroppo quell'ultimo elemento è presente in pochi esemplari. 
    Nel caso in cui venivano prodotti in serie, alcuni di questi venivano impegnati come piastrelle incastrate sopra delle superfici murarie dipinte. Mentre altre volte avevano lo scopo di essere applicate negli intarsi architettonici, le rosette venivano fissate alle pareti dei palazzi talvolta potevano essere fissate con un chiodo. 
    Alcuni esempi rilevanti soprattutto quelli realizzati in faience testimoniati negli edifici databili a Ramesse III, a Medinet Hubu, Tell El Yahudiya e Quatir.

    Bottoni a forma di margherita presenti presso il Museo Fiorentino. 

    Una parte dei bottoni ritrova datati in questo periodo storico sono stati ritrovati a Qau, ma  sono di dimensioni inferiori rispetto a quelli ritrovati altrove. Altri siti archeologici egiziani dove sono stati ritrovati vari reperti tra cui alcuni bottoni come per esempio a Giza, Zaraby, Rafah, Copto, Harageh hu diospolis, Abadiyeh, Diospolis Parva, Memphis Egitto e Mahasna.
    I bottoni di steatite benché sono i più antichi, di colore marrone, di forma conica e datato alla IV dinastia (2.575 - 2.465 a. C.). Mentre con un foro sul retro, invece risalgono alla V dinastia (2.465 - 2.323 a. C.). Questo, era realizzato con un materiale duro, calcareo e di colore giallo, intagliato a forma di stella con otto raggi. In seguito iniziano gli scarabei e nella VI dinastia (2.323 - 2.150 a. C.) si proseguirà con tanti altri tipi di bottoni quali squadrati, piramidali, con varie raffigurazioni di animali e altro.
    Nella VII dinastia (2.150 a. C.) siriana raffigurato animali vari come i leone o forme geometriche. Bottoni smaltati in ceramica,  raffiguranti figure. Il destinatario spazia da babbuini, leoni, rane, scarabei incisi, rosoni, coppie di figure umane, croci.
    Nella VIII dinastia (2.150 - 2.135 a. C.) sono rustici, raffigurano motivi geometrici greche come svastiche, linee parallele, quadrati, prismi, cupole, forme, segni e scarabei.
    Nella IX dinastia (2.135 - 2.040 a. C.) scompare il bottone o perlomeno non ne sono stati ritrovati nel grande cimitero di Herakleopolis (grande città dell'antico Egitto).
    Il design degli scarabei nella XII dinastia (1.994 - 1.781 a. C.) era molto influente.
    Geroglifici incisi sui bottoni potrebbero simboleggiare l'appartenenza a Dio, reale, umana, animale, pianta e geometrico.
    Si ipotizza che questi bottoni provengano da origini siro - mesopotamico e Babilonese. Inoltre, sono presenti dei bottone con raffigurato una svastica, a forma di croce proveniente da Cilicia (Turchia) e Aleppo (Siria). Questa tipologia di articoli potrebbe non appartenere completamente agli egiziani, ma essere importata da altri paesi vicini oppure copia di soggetti affini a loro. In particolare si pensa che alcune olivette ritrovate negli scavi archeologici siano provenienti dal sud dell'Europa importata in Egitto da degli invasori libici. Probabilmente guardando la qualità della produzione si potrebbe ipotizzare che sono di origine italica o greca. Suggerimento invasori provenienti dall'Asia centrale da Babilonia passando anche dalla Siria per giungere in Egitto durante la VI (2.575 - 2.465 a. C.) e VII dinastia (2.150 a. C.) segue in Anatolia (Asia Minore). Questa deriva dalla VIII dinastia (2.250 - 2.135 a. C.) che porta il quadrato geometrico come stile di progettazione. 
    Il professore W. Flinders Petrie che era un’autorità nel campo di egittologia, ha scritto “Button and design scarabs” pubblicato nel 1.925. Inoltre, aveva contribuito in un articolo sui bottoni nell'antico Egitto nel libro “The Antiquary: A Magazine Devoted to the study of the past” nel 1.896.
    In questo articolo lui aveva inserito non meno di ventisette fac-simile riproduzioni di antichi egiziani bottoni. Inoltre, lui sosteneva che questi bottoni siano stati copiati da qualcuno che non aveva idea e conoscenza piena della loro funzionalità.

    Testimonianza di alcuni esempi di bottoni dell'antico Egitto pagina di W. Flinders Petrie, “Button and design scarabs”, 1.925.

    I bottoni in generale possono raffigurare vari soggetti come figure umane, animali, ammasso di forellini e segni vari. Mentre, i materiali utilizzati per realizzarli sono il bronzo, steatite, cristallo di quarzo, vetro, alabastro, ametista, marmo, ematite, quarzo, ceramica, malachite, ambra, oro e legno anche se ne è stato ritrovato un solo esemplare.
    Colore dichiara in qualche senso origine del materiale di cui è stato prodotto il bottone.
    Per esempio nel caso sia nero è in steatite, potrebbe essere smaltato. Mentre se è smaltato di bianco di base è ceramica anche se normalmente di partenza è di colore marrone.
    Il periodo della loro produzione varia e si sviluppa dal 2.500 al 500 a. C.
    Con l'invasione dei siriani in Egitto nella VII dinastia (2.150 a. C.), si ipotizza che loro riproducevano e importavano degli oggetti a forma di bottone raffiguranti alcuni scarafaggi.
    I progetti sui bottoni scarabeo potrebbero essere identificati come degli amuleti del vecchio regno.
    Hanno uno stile simmetrico come forme ricordano quelli dei classici bottoni. Questa tipologia prodotto si ipotizza che provenga dall'Asia. Inoltre, si pensa che questi oggetti  fossero  importati da invasori dalla Libia e probabilmente il design era di origine italiano. Su un bottone ci sono raffigurate due individui accovacciati, invertiti da testa a piedi. Questo bottone è in osso ed è stato trovato a Tel-el-Amarna, e probabilmente datato alla XVIII dinastia (1.550-1.291 a. C.).
    Un altro esempio raffigura un uomo attaccata da un leone e due figure, questo ha un doppio foro distante tra loro, realizzato in osso.
    Un esempio dei bottoni definito di anima reale è in ametista proveniente da Loft in Upper in Egitto dove è rappresentato il sacro Hawk, l'emblema reale, in piedi faccia a faccia con un altro falco con Ankh, l'emblema di vita, tra loro. Si ipotizza che questo sia stato copiato qualche monumento da qualcuno che non era completamente del suo stesso uso e distribuito come simbolo reale. Poiché solo il sacro scarabeo veniva identificato uno un simbolo reale in Egitto.
    Lo stile del bottone vero e proprio inizia nella VI dinastia (2.323 - 2.150 a. C.) portato dall'Asia .
    In connessione con questi popoli erano nota le frequenti figure del dio Set ma anche della scimmia che punta una regione calda. La regolare produzione di bottoni parte dalla VI (2.323 - 2.150 a. C.) - VII dinastia (2.150 a. C.) anche se andarono in seguito in disuso successivamente. Questi vennero sostituiti da altri inseriti su un filo e indossati intorno al collo, ma usualmente utilizzano delle piccole perline.
    Il retro del bottone spesso ha figure in rilievo prima di uno il testa di falco ippopotami teste, forma di piramidi, anche se non mancano figure varie e rane e lo stile geometrico ha leoni, topi ed ecc. I modelli di svastica greca modelli iniziano già nel il VI dinastia (2.323 - 2.150 a. C.), quello stile era esteso anche alle figure e diventa dominante nella VIII (2.150 - 2.135 a. C.) e IX dinastia (2.135 - 2.040 a. C.). Le rosette che appaiono sul retro nella VIII dinastia (2.150 - 2.135 a. C.) ebbero un’importante sviluppo sui bottoni a forma di cupola scanalata su quelli larghi il XXII (945 - 718 a C.) - XXV (775 - 653 a. C.) dinastia circa.
    L'acquisto dei bottoni era più probabile come un simbolo/emblema. Questa rimane una questione importante circa le risorse di varie persone che portano in Egitto questi oggetti che vengono chiamati bottoni.

    Testimonianza di alcuni esempi di bottoni provenienti dall'antico Egitto, pagina di W. Flinders Petrie, “Button and design scarabs”, 1.925.

    I primi in comune hanno dei soggetti tipicamente non egiziani come il tema dell'alimentazione che parte  dalla VI dinastia (2.323 - 2.250 a. C.) sigillo cuboide  e si estendendo alla IV dinastia (2.575 - 2.465 a. C.), ma non al di là. La lucertola non sembra essere conosciuta come un emblema aspetto asiatico ma è spesso inciso su pietra/roccia dal meridionale montagne Algeria. Queste figure mostrano quello la lucertola era favorita soggetto dei libici tribù, e questo questi più devono essere un considerabile storto strato di libici in Egitto durante il IV (2.575 - 2.465 a. C.) - VI (2.323 - 2.150 a. C.) dinastia, non sottomesso agli egiziani civilizzazione, e in condizioni da avere le loro guarnizioni con il proprio distintivo.
    Il periodo di questi guarnizioni è accuratamente segnato lontano dall'altro progetti bottoni di Siria e Mesopotamia origine che sono  più usuali dopo la lucertola scomparsa.
    La scimmia progetto noi potrebbe aspettarsi essere africana ma scimmie sono non figure dell'algerino rocce.
    Per quanto riguarda le raffigurazioni umane sui bottoni hanno delle forme tendenzialmente geometriche dalla VIII dinastia (2.150 - 2.235 a. C.) e non vengono considerate né religiose e neppure reali.
    Terramare di Montale, Italia rappresenta una figura su un disco cupolino da Constantine una città in Algeria che commerciava in Egitto.
    Invece, c'è un altro bottone di forma triangolare trovato a Anau datato circa 2.900 a. C.
    All'interno del “Metropolitan Museum” a New York, nella sezione Antico Egitto sono presenti dei ritrovamenti di alcuni bottoni incisi in avorio piatto, i quali hanno un ponte nel loro rovescio fatto apposta per poterlo cucire sugli appositi indumenti, questi sono stati datati intorno al 3.500 a. C.
    Nella tomba di Nefertari che è morta nel 1.254 a. C. è stato ritrovano nel corredo funebre un oggetto che ricorda per forma e aspetto un bottone. Questo è fatto in ceramica azzurra con il cartiglio della sua dinastia. Mentre nella tomba di Negadeh sono stati ritrovati dei bottoni risalenti a 2.000 a. C. Infatti, con questi esempi si potrebbe dimostrare che i corredi funebri comprendevano anche dei bottoni libici, in osso e perforati sul retro e i più sono stati datati intorno all'Età del Bronzo. Questi bottoni, in generale venivano realizzati di varie forme tra cui circolari, triangolari e ovali, presentavano delle decorazioni incise che talvolta potrebbero ricordare dei fiori, linee, fori e barche. Il foro per cucire si presenta nel retro del bottone.



    Bibliografia, sitografia e cataloghi

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    GALLAVOTTI GIORGIO, Bottoni arte, moda, costume, società, seduzione, storia, Villa Verucchio, Pazzini, 2009, 3 ed.
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    The Antiquary: A Magazine Devoted to the study of the past, vol. 32, 1896, 1 ed.
    WARD A. WILLIAM, The Origin of Egyptian Design-Amulets ("Button Seals"). The Journal of Egyptian Archaeology 56 (1970) pp. 65 - 80, Accessed September 7, 2021. doi:10.2307/3856043.

    Aggiornamento del 9 Settembre 2021.