venerdì 18 giugno 2021

Spilloni

Esempi di alcuni spilloni.

Lo spillone deriva dallo spillo (dal latino spinula), veniva ricavato, in origine, da diversi materiali quali potrebbero essere anche una spina, una lisca, un osso o un legno lavorato. In seguito questo venne prodotto in bronzo e in altri metalli. Pertanto, anche gli Eschimesi usavano per l'abbigliamento lisce di pesci, pezzi d'osso, di corno di renna e d'avorio di animali marini.
Gli spilloni erano diffusi nell’Età del bronzo e per tutti l’intera Età del Ferro e assomigliano ad un grosso spillo. Questi avevano la funzione di unire e trattenere le vesti (mantelli e tuniche) appuntati sulle spalle, sul petto, sulle braccia, sulla vita e sui fianchi in modo tale da creare anche dei drappeggi. Potevano raggiungere i dodici cm. Sono formati da una grossa capocchia, fatta in metallo, con un tondino rigonfiato che serve per impedirgli di sfilarsi. Mentre, il resto è sottile con l’estremità appuntita per permettere di essere infilato dove serve. In alternativa, gli spilloni potevano essere realizzati in avorio, osso, legno, bronzo, argento oggi anche in acciaio inossidabile. Infatti, la capocchia poteva essere prodotta in un materiale differente rispetto al gambo come il vetro, l’avorio, la perla, lo smalto, la madreperla, le pietre dure e possono rendere tale oggetto ulteriormente ancora più prezioso.
Pertanto, però gli spilloni, sono riconducibili perché di peso e dimensioni maggiori cioè sono più lunghi e con la capocchia più grande, rispetto a quella di un normale spillo. Inoltre, quelli adoperati nell’abbigliamento, alcuni forse sono dotati di perforazioni realizzate a posta; si pensa che potevano servire per l’inserimento di lacci. Inoltre, sono caratterizzati da un collo ingrossato o dalla presenza di noduli e di costolature. Tutti quest'ultimi venivano utilizzati come ferma-pieghe.
In epoca romana sono stati ritrovati degli splendidi esemplari con la grande capocchia lavorata con motivi ornamentali o simboli. Inoltre, le matrone gli adoperavano in oro per fermare le vesti oppure per trattenere le acconciature come pure le etrusche a sua volta facevano nello stesso modo. Così potevano fermare sulla sommità della testa i capelli raccolti a treccia.
Esistono varie tipologie di spilloni preistorici:
  • a drago;
  • a rotolo;
  • a riccio;
  • a pastorale tipo San Vitale;
  • con perforazione ad asola tipo castagna;
  • con capocchia troncoconica e collo ingrossato;
  • con capocchia a tromba;
  • tipo torri d’Arcugnano;
  • con capocchia biconica tipo Moncucco;
  • a capocchia di chiodo;
  • tipo Sarteano;
  • con capocchia ovoide liscia;
  • tipo Sover;
  • con capocchia a globetti schiacciato;
  • tipo castello valtravaglia;
  • con capocchia a vaso;
  • ad ombrellino tipo Fano;
  • con capocchia a noduli serrati;
  • a capocchia a rotella ha delle varianti di capocchia e sono:
    • o a 6 raggi tipo Narce;
    • o a 5 raggi;
    • o con 8 raggi tipo Vetulonia;
    • o con doppio ordine di raggi;
    • o con foro circolari;
    • o tipo Chianciano;
    • o a 7 fori;
    • o a 6 fori;
    • o con due ordini di piccoli fori.
Gli spilloni per l’abbottonare dopo gli antichi greci e romani penso che non ci sono altre testimonianze del loro utilizzo. In sostituzioni a questi ci sono le spille di sicurezza, fibule e fermacravatte. Oltre all'utilizzo di altri metodi di allacciare come il velcro, cerniera e bottone.

Sitografia

https://www.treccani.it/vocabolario/spillone/
https://www.academia.edu/7288812/Le_fibule_dal_V_al_I_sec_a_C_Le_fibule_a_cerniera_dalla_met%C3%A0_del_I_a_C_al_II_secolo_d_C?auto=download

Aggiornamento del 15/03/2022.

giovedì 17 giugno 2021

Bizantini

L'eredità degli antichi romani era raccolta dai Bizantini (330 - 1.453). Loro davano valore sugli elementi decorativi rispetto all'essenziale tipico realismo della romanità. La linea è rigida, a forma di trapezio. Indossavano la tunica chiamata bizantina. Questa era caratterizzata da bande ornamentali, partono dalle spalle conosciute come clavi.
Inoltre, indossavano un mantello di stoffa ovale dal nome di penula. Questo aveva un foro al centro per il passaggio della testa.
Utilizzavano i mantelli quello più adoperato si allaccia sulla spalla destra tramite fibula nominato clamide. Mentre, fra i pellegrini cristiani era preferito un mantello più tradizionale di ispirazione greco-romana denominato pallio.
Come mantello utilizzavano anche il sagum, di forma rettangolare allacciato sulla spalla con una spilla. Originariamente era utilizzato dai militari conosciuto anche con il nome sago adoperato anche dai mirati romani di forma quadrata di origine gallica appoggiato sulla spalle e affibbiato sul petto.
Decoravano in abbondanza i loro capi d'abbigliamento perfino inserendo delle gemme per arricchire le bande. Queste hanno un bene specifico e sono conosciuti come loron. Segno distintivo della fasce sociali era il tablion che sarebbe un rettangolo lo di stoffa colorato applicato sul davanti del mantello. Infine, si mettevano tantissimi gioielli per ostentare la loro ricchezza. Questo ovviamente nelle classi più agiate, il popolo meno agiato non se lo poteva permettere.
I Bizantini non utilizzavano i bottoni a meno che io sappia. Perline è quello che si può dedurre, attraverso i mosaici presenti sulle varie basiliche a Ravenna. Questo per quanto riguarda il primo periodo del loro impero. Infatti, spesso e volentieri loro sfoggiavano le fibule come mezzo per allacciare gli indumenti. Il loro abbigliamento è costituito una tunica di linea morbida che dà l'impressione da potersi infilare dalla testa senza bisogno la necessità di aperture e chiusure ulteriori. In alternativa si potrebbe ipotizzare l’utilizzo dei lacci, ma non ho fonti certi. Comunque è escluso qualsiasi utilizzo dei bottoni da parte loro.
Un collegamento dalla fibula al bottone si potrebbe introdurre con i fermagli dell'epoca bizantina. Infatti, gli imperatori e i personaggi di corte sono raffigurati con delle fibule su dei mosaici nelle chiese e basiliche o sulle monete, risalenti IV - VI secolo. Queste fibule venivano applicate sulla spalla destra e di forma circolare, fungevano da unione di due pezzi di stoffa. Pertanto, si potrebbe ipotizzare che il bottone sia un’evoluzione della spilla sostituendo l'ago metallico con un gambo.
Siccome l'impero Bizantino percorre diversi secoli, si espande verso oriente, di conseguenza subisce delle influenze arabe - turche, anche da alte culture, con il tempo cambiano le esigenza e le usanze nel campo dell'abbigliamento. Ragionando cronologicamente questo impero esiste ancora quando si instaura il Medioevo. Ha un effetto positivo in quanto è un popolo attivo nel diffondere l'utilizzo dei bottoni intorno al XIII secolo perché loro ancora esistevano in quel dato periodo storico. Tenendo conto di questa affermazione nel periodo tardo Bizantino iniziarono ad utilizzare un indumento lungo destinato all'abbigliamento maschile definito kabbadion conosciuto in Italia con il nome di caban o considerato come una sorta di caftano oppure gabbano. Si è diffuso tra XIII - XV secolo. Questo presenta in diverse raffigurazioni del periodo una fitta fila di bottoni sul centro davanti che permetteva di chiudere l'indumento. Generalmente si presenta come una veste lunga, termina alle caviglie e abbastanza attillato simile ad un attuale cappotto.



Ritratto del granduca Alexios Apokaukos e fa parte di una collezione del manoscritto delle "Opere di Ippocrate" da lui commissionata nei primi anni del 1340. Immagine trovata alla mostra del Metropolitan Museum of Art. Manoscritto conservato presso la Bibliothèque Nationale de France, Département des Manuscrits, Parigi.
È stato rappresentato con l'abito
nel suo ufficio. In particolare indossa un kabbadion blu, riccamente decorato e lo skaranikon, un copricapo cerimoniale, raffigurante l'imperatore regnante.


Costantino Acropolita o Acropolide, particolare della cornice dell'icona in argento sbalzato. Fotografia da 
 A. V. Bank, Byzantine Art in the Collections of Soviet Museums (Leningrad, 1977), fig. 245.

Questi sono gli unici due esempi attualmente, facilmente individuabili e rappresentavi. Rendono l'idea di come si è inserito il bottone all'interno dell'abbigliamento in un popolo che di base non lo utilizzava.

Bibliografia

MAUGERI VINCENZA, PAFFUMI ANGELA, Percorsi di storia della moda e del costume, volume 1, Calderini edagricole editore, 2002, Padova.
MARANGONI GIORGIO, Evoluzione storica e stilistica della moda, dalle antiche civiltà mediterranee al Rinascimento, volume 1, Edizioni S.M.C., 1997, Milano.
MARANGONI GIORGIO, Piccolo atlante storico della moda, quarantacinque secoli di storia del costume in sessantotto tavole a colori di Aldo Beltrami, Edizioni S.M.C., 1998, Milano.
FERRIGNI COCCOLUTO PIETRO, I bottoni nell'arte e nella storia, Colonnese Editore, 1993, ed. 2, Napoli.
SAKEL DEAN, Byzantine culture: Papers from conferenze "Byzantine days of Istanbul", held on the occasion of Istanbul being Europea Cultural Capital 2010, Istanbul, 21-23 May 2010,  Ankara: Türk Tarih Kurumu, 2014.

Catalogo

PARTESOTTI SILIPRANDI LEDA, Il bottone racconta, un viaggio nel costume nella piccola bellezza con un fedele testimone del suo tempo, Wigwam Editore, 2017, Vigorovea.

Aggiornamento del 09/09/2021.

Bottone-perlina

Bottoni-perline, tavola IX tratta da Eisen, Gustavus. “Button Beads-With Special Reference to Those of the Etruscan and Roman Periods.” American Journal of Archaeology, vol. 20, no. 3, Archaeological Institute of America, 1916, pp. 308.

Durante il periodo etrusco e nonché ai tempi dell’Impero Romano, erano particolare comuni in tutto il territorio italiano, degli oggetti di forma circolare. Questi vengono inseriti nella classe dei bottoni e generalmente sono in vetro. Si pensa che siano importati da altri luoghi poiché sono molto comuni in Siria e in Egitto. Eppure sembra che siano qualcosa di universale. Siccome ancora poche persone studiano questo argomento di conseguenza non ci sono argomentazioni certe e sicure in tale materiale.
Una cosa certa è quella di essere utilizzati come ornamento alla maniera dell'antico Egitto. Quindi dovevano essere utilizzati in qualità di “bottoni-perline”, come una unità in alcune collane oppure come pendenti. Questi oggetti sono di un'estrema bellezza e accurata lavorazione artistica.
In generale hanno una aspetto circolare, ovale, piatto, convesso e convesso-concavo. Solitamente solo nelle superfici coniche venivano deliberatamente ornate, dipinte, mentre le altre restano grezze. Inoltre la parte restante non presenta ne foro e neppure il gambo, oppure hanno un foro al centro. Quest'ultimi sono rare durante il periodo etrusco, e mai comune durante l'epoca romana.
I bottoni-perlina sono tendenzialmente di forma circolare, conica od ovoidale e a piacere venivano colorati sopra. Sono stati ritrovati alcuni bottoni di forma ovale in vetro fenicio. Inoltre, in vari musei come a Bologna, Ancona, Firenze, Roma, ecc., sono presenti questi articoli classificati come bottoni o oggetti di natura sconosciuta oppure altro.
Alcuni di questi sono stati ritrovati all'interno di vasi e datati intorno alla metà del V secolo. Mentre in un altro bottone è stato scoperto in una tomba a Montefortino, datata al IV secolo a.C.

Bibliografia

American journal of archaeology, vol. 20, no 3 (jul. - sep. 1916) pag. 299-307, Button beads with special referente to those of the etruscan and Roman periods.
KRZYSZKOWSKA OLGA, Aegean seals: an introduction, Institute of Classical Studies, School of Advanced Study, University of London, 2005.

Sitografia

https://www.journals.uchicago.edu/doi/pdf/10.2307/497166

Aggiornamento del 16/03/2022.

Bottone-sigillo


Bottone-sigillo di Kot Diji, secondo il saggio di Asko Parpola Beginnings of Indian Astronomy with Reference to a Parallel Development in China questo oggetto ritrovato probabilmente nelle sepolture della cultura Yangshao a Puyang nel 1987 suggerisce dalla sua elaborata decorazione un inizio di idee di astronomia e cosmologia del calendario lunare-solare cinese.

Nell'Età del pronte in particolare nell'Egeo si attestano dei ritrovamenti di alcuni sigilli incisi che ancora non sono riusciti a capire con precisione quale funzione pratica avessero. Questi sono stati realizzati con estrema precisione e raffinatezza, di una qualità tecnica ineguagliabile. Sembrano delle mini opere d'arte. In tale caso si ipotizza che potessero essere guardati e letti in qualsiasi modo ed essere impiegati per identificare lo status sociale e interconnessioni all'interno dell'Egeo e oltre.
È da ricordare che la maggior parte dei sigilli sono stati ritrovati in delle tombe o in delle rovine di antiche città.
In particolare un archeologo inglese Arthur Evans (1.851 - 1.941), ha riportato alla luce dei sigilli con iscrizioni insolite. Questo avveniva durante gli scavi a Creta e dove ritrovò le rovine dell'antico palazzo di Cnosso stesso dagli stessi abitanti che lui chiamò Minoici che deriva dal mitologico re cretese Minosse. Inoltre, ci sono stati numerosi collezionisti e studiosi di questo argomento come la storica dell'arte britannica Joan Evans. Lei ha iniziato ad acquistare i primi sigilli ad Atene, però ha continuato sistematicamente la sua grande ricarica intorno al 1.894.
I sigilli potevano servire per segnare, identificare e proteggere. Pertanto, venivano riposto su un pezzo di argilla, sul bordo di un contenitore di legno, vimini, ceramica o su una pergamena. Comprimendo l'argilla con un motivo riconoscibile assicurava il contenuto di rimanere intatto. Questi non hanno sola la funzione di “sigillatura”, ma si suppone molte altre funzioni, che non si escludono a vicenda. Inoltre, subiscono delle variazioni con il cambiare nel tempo, con l'aumentare della complessità sociale e le richieste amministrative in continua crescita.
Sotto questo aspetto si nascondono alcuni obiettivi specifici, ovvero controllare, garantire, autorizzare o etichettare.
Nel secondo millennio iniziano a comparire dei sigilli strutturati da grumi di argilla formata attorno a un pezzo di corda semplice o annodata. Forse lo scopo principale di questi oggetti era quello di etichettare. Inoltre, se di forme tonde e con noduli erano ottenute da pezzi di argilla appositamente modellati con impresso il sigillo. Questi potevano servire come ricevute per confermare o convalidare particolari tipi di transazioni.
Potevano avere una funzione di ornamento personale e simboli di stato. Vale la pena notare che nell'Egeo sono stati ritrovati una grande varietà di forme nei periodi EM II (Ellenico Medio in Grecia continentale 2.100 - 1.500 a. C.) - MM II (Medio Minoico a Creta 2.160 - 1.600 a. C.).
I sigilli egei sono normalmente dotati di fori per le stringhe e potrebbe essere indossato come ciondoli. Nell'affresco della processione di Cnosso, il Cupbearer indossa un lenticolare fatto di una pietra a fasce, presumibilmente agata, i fori delle corde decorato con granulazione. Perché i cerchi degli anelli con sigillo minoico sono spesso estremamente piccoli, alcuni ritengono che servissero come ciondoli piuttosto che come anelli da dito. Tuttavia, la maggior parte avrebbe potuto essere indossata da individui di bassa statura e corporatura esile. In contrasto con i sigilli micenea hanno spesso cerchi abbastanza grandi da poter essere indossati comodamente su a mano moderna.
Per realizzare i sigilli venivano impiegati vari materiali che cambiano con il tempo e in base al luogo di produzione.
Infatti, molti sigilli provenienti dell'Egeo sono stati modellati in argilla, ossa, avorio, vetro, oro e altri metalli.
Al contrario, i laboratori cretesi sono considerevoli uso di pietre locali molli (clorite, steatite e serpentino). Le pietre tenero, venivano unite insieme con osso e avorio. Gli incisori cretesi cominciavano a lavorare con una gamma di semi-preziosi duri pietre. Questi includono jaspers opachi e quarzi traslucidi, come l'agata, corniola, calcedonio blu, cristallo di rocca e ametista. Alcune di queste pietre (ad esempio la roccia cristallo e diaspro). Ma altri (ad esempio ametista, ematite, lapislazzuli) furono certamente importanti e come la richiesta di pietre di alta qualità è aumentata, l'offerta estera è probabilmente cresciuta di importanza.
In alcuni territori quali Arpachiyah, Tepe Gawra e altri primi vicini del Medio Oriente sono stati ritrovati degli oggetti spesso considerati come dei bottoni circolari o rettangolari e forati. Anche questi erano considerati dei piccoli pendenti zoomorfi o geometrici con linee decorazione.
Molti sono fatti da morbide pietre locali, pietre dure semi-preziose, tra cui corniola e roccia cristallo. Nella metà del quarto millennio, i bottoni-sigilli appaiono a Susa nel sud-ovest dell'Iran, Tell Brak e Uruk nel nord della Siria e l'Iraq del sud. Successivamente questi regnarono supremi in Mesopotamia e nel tempo la moda si diffuse nelle terre adiacenti. Inizialmente utilizzato su sfere di argilla e tavolette numerate. Inoltre, sono rimasti strettamente legate all'amministrazione delle compresse nel Vicino Oriente durante il terzo e il secondo millennio. A volte venivano usati per sigillare l'argilla buste; a volte venivano arrotolati direttamente sul compresse stesse. Questa pratica non fu mai adottata nell'Egeo, poiché loro utilizzavo delle tavole per i documenti.
In Anatolia i bottoni furono adottati solo durante il periodo delle colonie assire (intorno al 1.900 - 1.750 a. C.) e anche allora non hanno sostituito completamente i sigilli.
Nella tomba Platanos B, sono stati ritrovati due bottoni-sigilli babilonese di ematite.
Alcuni sigilli cilindrici del Vicino Oriente deviati nell'Egeo durante l'EBA (Antica Età del Bronzo, 2.300/2.000 - 1650 a. C.), probabilmente innescando la breve moda che si diffuse in tutto il territorio circostante. Alcuni erano senza dubbio considerati curiosità esotiche e sono stati ri-incisi. Altri potrebbero essere stati tagliati per produrre lapislazzuli o altre pietre preziose per sigilli e gioielli. Durante l'LBA (periodo Tardo Età del Bronzo, 1.350/1.300 - 1.200 a. C.), gli incisori dell'Egeo conservarono (o copiata) la forma cilindrica solo occasionalmente.
Il bottone a diaspro di Knossos è stato ovviamente inciso con utensili rotanti e con disegni simili si verificano anche nella pietra tenera e metallo. Una finissima Petschaft d'argento di Mochlos, incisa con un motivo a raggiera, aiuta ad illustrare come i disegni astratti possono essere ravvivati da aggiunte minori e essere sottilmente trasformato in motivi di carattere vagamente pittorico. Invece di semplice lineare raggi, il sigillo di Mochlos ha petali sottili (o foglie?) che si alternano a ramoscelli elementi. Motivi di questo tipo sono talvolta chiamati “pittorializzazione” - un po’ brutto, ma il termine innegabilmente utile, perché l'esito non è mai puramente “pittorico” e l'ispirazione è invariabilmente astratto. Una volta compreso il principio di base, possiamo vederlo al lavoro innumerevoli sigilli proto-palatali. I motivi pittorici non sono confinati nel sito archeologico a Festo a Creta deposito e i relativi sigilli, ma sono liberamente utilizzati anche sui prismi di steatite e sui sigilli geroglifici. Questo è particolarmente interessante dal momento che altre facce degli stessi sigilli spesso portano motivi puramente pittorici. Ad esempio, un prisma del laboratorio di Mallia ha un ramoscello a croce piena di punti pieni su una faccia, un motivo vorticoso su un'altra faccia e una figura maschile tenendo una freccia sul terzo. I disegni spiraliformi, sempre più diffusi nell'arte minoica, svolgono un ruolo importante nel proto-palato glittica. Sembrano capaci di variazione quasi infinite a volte disposti in rotazione modelli, come le dicevo a “S” qualche volta trasformato in deliziosi motivi floreali, come la spirale a “C” su un bottone dello stesso sito.
I volti di questi bottoni-sigilli normalmente vanno da 1,0-1,5 cm di diametro e infatti la maggior sono di piccole dimensioni. Alcuni di questi sono così piccoli, misurano non più di 1,5 x 0,5 cm.
Durante il periodo neo-palato i bottoni e prismi a quattro lati vengono abbandonati, probabilmente all'inizio di MM III (1.550 - 1700 a. C.). I prismi a tre lati non si verificano più nelle pietre morbide e sono molto meno comuni di prima; le loro facce convesse sono rotonde o a forma di mandorla. I discoidi bifacciali lasciano il posto ai lentini, solitamente incisi su una singola faccia. Gli amigdaloidi sono anche popolari, specialmente per lo stile "talismanico". Alcuni sono allungati e hanno schienali elegantemente sfaccettati; loro sono a volte usato per composizioni verticali.

Bibliografia

FLINDERS PETRIE, Buttons and design scarabs, London British Scholl of archaeology in Egypt University College, Gower Street, w.c. I, and Bernard Quaritch II Grafton Street, New Bond Street, W., 1925.
KRZYSZKOWSKA OLGA, Aegean seals: an introduction, Institute of Classical Studies, School of Advanced Study, University of London, 2005.

Aggiornamento del 16/03/2022.


Bottoni nella civiltà minoica e micenea


Tesoro di priamo, braccialetti a forma di anelli in oro; collana con perline d'oro, pendenti, placchette e bottoni, tutti sono oro. In questa fotografia è interessante notare sulla collane tutti questi piccoli oggettini a forma di bottone con il gambo in oro che la decorano e la rifiniscono donandole un aspetto diverso e più ricco. Tali elementi vengo utilizzati come se fossero delle perline.

La civiltà Minoica era abile nel taglio della stoffa riusciva a realizzare dei modelli complicati strutturalmente. Abbigliamento antico 2.500 - 2.000 a. C. gli uomini utilizzavano il perizoma. Mentre, in quello femminile adoperavano la gonna a campana e un corsetto che lasciava scoperto i seni. Successivamente veniva sovrapposto un doppio grembiule.
Nel 1.400 - 1.200 a. C. circa a Creta in seguito le invasioni delle popolazioni nordiche il centro culturale e politico si dovettero trasferire nel Peloponneso in particolare nelle città di Minosse, Argo, Toronto e Pilo. Per individuare qualche riferimento all'abbigliamento utilizzato da questa occorre fare riferimento ai affreschi rimasti sui palazzi antichi. Questi raffigurano in maggioranza temi incentrati sulle attività eroiche come di caccia, di guerra, oppure processioni di personaggi maschile e femminili. Solitamente entrambi i sessi venivano rappresentati con indosso degli indumenti con tessuti decorati e con colori sgargianti (rosso, giallo e celeste o blu).
Nel costume femminili si possono individuare delle caratteristiche genetiche su cosa potevano indossare. In particolare loro portavano una gonna pantalone rifinita con balze, corpetto a maniche corte e una cintura in vita. Mentre nell'abbigliamento maschile indossavano dei pantaloni corti cuciti e ornati con nappe. Questo durò finché nel XII secolo a. C. circa i Dori stravolsero completamente la civiltà Minoica.
Nei tempi antichi il bottone simboleggiava sfarzo e ricchezza, come testimoniano i bottoni d'oro e in pietra pregiata ritrovati fra le rovine di Ebla (2.400 - 1.600 a. C.) o di Micene (1.400 - 1.200 a. C.), oppure i bottoni sassanide del V secolo a. C. i quali raffigurano un episodio della caccia al leone. Infatti nel periodo di Micene e Miceneo i bottoni adempiano ad uno scopo ornamentale, gli indumenti venivano ricoperti di questi bottoni e formavano delle raffigurazioni decorative dati mischiando i loro molteplici colori. Inoltre, sono stati trovati dei bottoni in delle tombe ungheresi datati intorno al IX secolo.
Nella fase eneolitica, nell'antico-minoico III (2.300 - 2.160 a.C.) si può parlare di una vera civiltà del bronzo. In questo primo periodo si accennano a dei rapporti con l'Egitto. Proprio qui si attestano le presenze dei primitivi sigilli cretesi in avorio, a forma di bottoni. Questi hanno delle incisioni a forma di svariati motivi geometrici lineari e curvilinei. Inoltre, quest'ultimi hanno trovano uno stretto riscontro in dei sigilli simili rinvenuti in Egitto durante le ultime dinastie dell'Antico Impero in particolare partono dalla VI (2.323 - 2.150 a. C.) alla XI (2.135 - 1994 a. C.) dinastia. Mentre i Cretesi terramaricoli con le corna di cervo creavano dei bottoni.
Gli archeologi Schliemann e Evans hanno fatto notevoli scoperte su questo territorio.
Heinrich Schliemann (1.822 - 1.890) è stato un imprenditore e archeologo tedesco.
Lui ha scoperto l'antico sito attribuendolo alla città di Troia situata in Asia Minore, definito Stretto dei Dardanelli, nell'odierna Turchia. Inoltre, ha trovato la splendida città di Micene in Grecia.
A Troia sono stati scoperti dei beni preziosi fatti in metallo preziosi e affibbiato al tesoro di Re Priamo. Pertanto su questi ritrovamenti risalgono al XII secolo a. C., quindi sono molto più antichi degli avvenimenti narrati nell'Iliade.
È interessante però notare che nel tesoro di Priamo probabilmente appartenuto al corredo della moglie definiti i cosiddetti “gioielli di Elena” di Troia sono presenti degli splendidi bottoni in oro. Alcuni sostengono che sono cinque altre fonti ne dichiarano la presenza di un unico bottone in lamina d'oro. In generale questo oggetto di 3.500 anni fa ha la forma classica a disco con due buchi, come un classico bottone odierno. Benché, altre fotografie illustrano una decina di bottoni dorati con il gambo o forse anche di più. La verità è ignota. Anche questo caso si ignora completamente il loro ipotetico utilizzo. Inoltre, è stata ritrovata la maschera che si pensa sia appartenuta ad Agamennone. Alcuni storici come ad esempio W. M. Calder e D. Trail, hanno in dubbio l’autenticità dei reperti. Questo è interessante e comunque molto importante da notare, infatti i tesori sono molto curato nei dettagli, in linea generale e certi hanno uno stile ottocentesco. Pertanto, alcune fonti sostengono che siano dei falsi, in particolar modo la maschera poiché presenta dei baffi in linea troppo moderna per quel periodo storico. Per questo motivo, si potrebbe supporre alla conclusione di una riproduzioni fatte apposta su commissione per sostituire i veri e trafugare le opere d'arte. In alternativa, siccome non avevano trovato nulla, ma volevamo far credere il contrario, per ricevere dei riconoscimenti, acquisire importanza ed essere ricordati a lungo termine per le loro scoperte, hanno fatto realizzare quei falsi. Rimanendo in linea, si potrebbe anche pensare, ma non ci sono prove a carico di questa teoria, che anche i bottoni forse sono delle riproduzioni.

Bibliografia

MAUGERI VINCENZA, PAFFUMI ANGELA, Percorsi di storia della moda e del costume, volume 1, Calderini edagricole editore, 2002, Padova.
MORANGONI GIORGIO, Evoluzione storica e stilistica della moda, dalle antiche civiltà mediterranee al Rinascimento, volume 1, edizioni S.M.C., 1997, Milano.
MARANGONI GIORGIO, Piccolo atlante storico della moda, quarantacinque secoli di storia del costume in sessantotto tavole a colori di Aldo Beltrami, Edizioni S.M.C., 1998, Milano.
KRZYSZKOWSKA OLGA, Aegean seals: an introduction, Institute of Classical Studies, School of Advanced Study, University of London, 2005. 

Cataloghi

JACASSI FRANCO (a cura di), Il bottone, arte e moda, TeatroMagico Edizione, 2013

Sitografia

https://www.treccani.it/enciclopedia/arte-minoico-micenea_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Antica%29/
https://www.treccani.it/enciclopedia/heinrich-schliemann/
https://www.treccani.it/enciclopedia/sir-arthur-john-evans/

Aggiornamento del 16/03/2022.

Bottone a perforazione "y"

Ipotetico esempio di bottone a perforazione "y", illustrazione di Alessandra Mambelli.

Nell'ipogeo di Padru Jossu (2400 - 2200 a. C.) sono stati ritrovati alcuni bottoni in osso e avorio, alcuni alamari che ricordano alcuni manufatti dell'antico Egitto. Ma, anche in quest'ultimo luogo sono stati ritrovati alcuni esemplari di bottoni ad alamaro con perforazione ad “Y”. Si ipotizza Vandier che siano stati utilizzati come galleggianti e quindi non nel campo dell'abbigliamento e neppure come mezzo di allacciatura per qualsiasi cosa.
Nel periodo Campaniforme, in Sardegna sono stati ritrovati tra i vari oggetti (punteruoli, spilloni, ecc.) anche dei bottoni a perforazione “Y”.
Pertanto, nel sito di Padru Jossu in Sardegna a Sanluri, sono pervenuti una trentina di bottoni. Si ipotizza che fossero impiegati per affibbiare le vesti o perlomeno per impreziosirle, ma non è ancora certo il loro impiego. Qui ne sono stati ritrovati circa otto campioni con perforati a “V”. Questi mostrano la caratteristica forma a viso umano o a “torture” cioè a tartaruga. Inoltre, hanno la parte centrale affusolata, mentre l’estremità sono distinte da due appendici che partono in principio trapezoidali. Per tanto possono variare le dimensioni da quelle piccole o a più grandi. Mentre il corpo centrale si sviluppa in maniera differente potrebbe essere contorto. Infatti, si distingue in due modi: uno è circolare, invece l'altro è ellittico. I fori per fare passare i fili, sono predisposti in senso orizzontale. Questo vale per tutti i reparti eccetto per uno che è trapezoidale. Il bottone in questione all'apparenza sembra a torture con un foro centrale, a placchetta e due appendici trapezoidali.
Inoltre, esiste un altro bottone, la sua forma ad alamaro, corpi fusiforme, con scanalatura centrale e terminante discoidale.

Bibliografia

MORAVETTI ALBERTO, MELIS PAOLO, FODDAI LAVINIA, ALBA ELISABETTA, La Sardegna preistorica, Storia, materiali, monumenti, Carlo Delfino editore, 2017, Sassari.
READ BRIAN, Metal buttons, c.900 BC - c.AD 1700, 2010, 2 ed.
ALTEA GIULIANA, CARTA MANTIGLIA GEtOLAMA, CLEMENTE PIETRO, CORRIS PAOLA, DALMASSO ENNIO, MASSARI STEMANIA, PIQUEREDDU PAILO, PORCU GAIAS MARISA, TAVERA ANTONIO, Gioielli: storia, linguaggio, religiosità dell'ornamento in Sardegna, Ilisso edizioni editore, 2004, Nuoro.