venerdì 20 agosto 2021

Bottoni infuocati

Locuzioni idiomatiche, motti e proverbi


Illustrazione del bottone gigante di Eurochocolate 2019.

Sapere intrattenere bene una persona è un'arte, che non è da tutti, può essere vista in maniera superficiale, occorre anche un po' di allenamento, abilità, non nuoce a nessuno, sprona la curiosità, empatia, mantiene in buoni rapporti con le persone e l'umore.
Per instaurare un dialogo con qualcuno bisogna creare un ambiente e una situazione che lo favorisca vale a dire occorre essere socievoli, informati su un po' di tutto per evitare figuracce, curiosi e saper ascoltare anche il parere degli altri.
Tutto questo cosa c'entra con il bottone?
Lui è presente anche all'interno delle conversazioni anche quando non c'è lo aspettiamo come quando si attacca bottone con qualcuno, con un ragazzo o con una ragazza per conquistare la sua attenzione, ma da dove deriva questa locuzione? Questa e molte altre hanno una origine molto antica, tra l'altro alcune con il trascorrere dei secoli hanno cambiato di significato. Oltre a questo esempio, ne esistono diversi di cui certi sono passati di moda.
Nella lingua italiana e in alcuni dialetti regionali si possono trovare alcuni motti e modi di dire curiosi e allo stesso tempo divertenti da sapere dire, ricordare e annotare. Questi possono essere utili anche per intrattenere allo stesso tempo una conversazione curiosa o altro. Infatti, il bottone è una voce che potrebbe essere male interpretata avere un doppio senso, pertanto in seguito ne citerò alcuni esempi. Molte delle frasi scoperte le ho cercate nei vari vocabolari della lingua italiana, saggi vari e sul web.
Per iniziare in letteratura esiste un passo di un racconto che sfocia nel ridicolo e allo stesso tempo volgare come una conversazione tra un maschio e una femmina chiamati uno Bottone e l'altra Botta. Tale dialogo è anche molto animato e ricco di battibecchi. Questo testo è tratto da una raccolta di Canti popolari di Raffaele Andreoli del 1857. Nel suo contesto si considera il bottone come in dispositivo per allacciare l'indumento e chi lo utilizza cerca di prenderlo e in questo caso si ricollega alla fatica frase attaccare, appiccare, sputare, gittare bottone, fare dei bottoni, mal bottone è stato fermato male. Comenque il dialogo è il seguente:

"Botta: "No, tu non sei dello stesso ceppo; noi non siamo affatto parenti".
Bottone: "Scusami, bella mia: tu che sei più vecchia di me, insegnami dunque".
Botta: "Eh, se t'avessi a dire quel che hanno fantasticato di me i facitori della mia genealogia, ti farei rimpicciolire. Ma io, senza tanti discorsi, non vado a ripescare dove, da chi e come nacquero i miei proavi, chè superba e vanagloriosa non sono, e pergamene in casa non ci sono. Ti assicuro però, che tale quale mi vedi, piccina si, ma piena di vita e forze, quantunque invecchiata, come tu dici, sono nata in Italia, in questo bel soggiorno dell'armonta, e ci nacqui proprio sul formarsi della cara lingua del si".
Bottone: "Dunque sei indigena?"
Botta: "Tanto bene!"
Bottone: "Oh, non veggo l'ora che tu finisca!"
Botta: "Stammi a udire, e finisco subito. Che cosa significa io?"
Bottone: "Significhi percossa, colpo; anzi I'atto del percuotere, e insieme I'immediato effetto della perecossa".
Botta: "Benissimo. Or dimmi: Come esprimeresti tu, che fai tanto il dottore, I'atto e l'effetto immediato della percossa, dato il caso ch' io non ci fossi nata al mondo? Immagina però che il colpo sia grave".
Bottone: "Direi Bù, con forza, allungando quell' u".
Botta: "Questa sarebbe una parola da orso o da lupo. Gl'Italiani nostri antenati, forse con più tenacitá che non i presenti, sdognarono voci si aspre: e volendo essi esprimere proprio quello che tu bal detto, osservarono che la percossa data o da un corpo pesante caduto in terra, o da qualunque altro corpo che urti con più o meno violenza di contro a un altro, produce per lo più un suono, non come dicevi tu, simile a un M allungato con forza, ma a un O schietto e tondo, e lo espressero con Bo. Ma osservarono ancora che vi non diceva tutto; non esprimeva quel suono secco crudo, lasciarmi dire, come di pietra che si spezza, o legno che si agavezza, e al bo aggiunsero to e ta, addoppiando il t per meglio rappresentare il suono ridetto: e così nacque Botto o Botta, che sono io a tuoi comodi".
Bottone: "Piano a' ma' passi, veneranda matrona: qui ti volevo. Tu t'infingi: tu sei maschio, l'hai confessato non volendo; e ti sei mascherato da femmina: cið non va bene. Questo haí fatto, e sii sincero a confessarlo, per non avere una stessa origine con me Bottone, che son derivato in retta linea da Botto".
Botta: "Corri troppo, amico caro. Un mio lapsus linguae t'ha dato l'aire; l'aver pronunziato o invece di e. Dunque, te lo ripeto, gli Italiani produssero Botto e Botta, ossia io nacqui gemella con questo, il quale vive sano robusto al pari di me. Or tu non hai da spartir nulla, o da far con noi".
Bottone: 'E con chi, dunque, ser Tuttesalle?"
Botta: "Questo sappilo tu, o dimmelo".
Bottone: "E tu dimmi prima, comme ho fatto io a te, che cosa significo io?"
Botta: "Tu significhi quella pallottolina di diverse fogge e materie, che s'attacca a vestimenti per unirne le parti, affibbiarle insieme. Ogni ciuco capirebbe che tu con noi Botto e Botta staresti bene come i cavoli a merenda…" Ab. ah. ah (sghignazza)... la percossa, il colpo con un cosellino s''appicca per far da fermaglio a che che sia. Dov'èl l'ombra di relazione e analogia di primitivo significato fra loro, e te? Conciossiachè per dirsi pareuti l'una con l'altra due o più voci, fa d'uopo che ciascuna conservi come ingenuità o inamo vibile, e quasi comun germe vitale, lo stesso significato che dirò primigenio, e comune a tutte, cui, non mouta, che poi se ne sia abbotonato un altro formante l'individualità di ciascuna parola. A sentir te Mattone deriverebbe da Matto, come da Polla, Pollone; e da Pollastro, Pollastrone. Tutte le parole in one non dicono mica accrescimento…"
Bottone: "Oh quanta dottrina, e tutta sprecata! Come se non si sapesse che in tutte le lingue il capriccio e il caso, col sopravvenire degli anni, ora riformano ed ora stravolgono la fisonomia e il significato di molte parole".
Botta: "Che capriccio mi vai capricciando, e che cosa! Ogni popolo s'ha formato il suo linguaggio secondo l'indole sua, cui non può rinnegare. Alcune parole ai smettono si nell'uso, e non sono poi molte, col decorrere degli anni: ma gli stravolgimenti di fisonomia e di significato, che tu dici, sono sogni o chiacchiere. Non più ciance adunque, che la è così. Tu non sej voce italiana, sei venuta qua da noi co" barbari, Galli, Brettoni, Baschi, chiamali come ti pare: qui non sei nata. Il Mazzoni Tosellí ti dice derivata - dal Brettone Bouton, bottone; o dal Gallese Bottom, d'onde il Francese Bouton, lo Spagnuolo Botton, l'Inglese Button. Nel Basco havvi Botoya".
Bottone: "Dunque, ci sto a pigione in Italia? Concedimi almeno che siano derivate da me le frasi "dar dei bottoni", "sputar bottoni", 'sbottoneggiare un bottone" e "dare un mal bottone".
Botta: "Si, te lo concedo; benché sull'altima si potrebbe far qualche dubbio. Ricordati poi, o sappi, se nol sai, signorino mio, che i Chirurghi presero il tuo barbaro nome per significare quel ferro, appunto per aver esso a capo una specie di pallottola, di cui si servono per dare il fuoco (bruciare) una ferita che volesse incancrenire; e da questo botton di fuoco, si dice, formarousi i modi, che tu stesso hai detto essere tuoi derivati, siccome insegna il Salvini (v. Gherardini, Suppl. alla v. Bottone). Odi qua: - "I detti mordaci da Omero furono appellati δαχεζυμςι mordenti il cuore, e χερτομια, parole taglianti l'anima; e noi li chiamiamo motti pungenti, piccanti; così li diciamo anche bottoni: e sbottonare, motteggiare, dai bottoni, cred'io, di fuoco, co'quali si fanno i cauterj. o vogliam dire l'incesi, i quali lasciano il segno e la margine della scottatura (Salv. Annot. Tanc. Buonar. p. 341, vol. I. Not. Al ver. 41) - (a).
Bottone: "Tu vuoi conquidermi a qualunque costo, ma io…"

Si conclude così la loro conversazione in cui Bottone non rimane persuaso da Botta, ma continua imperterrito nelle sue idee. Quest'ultima che faceva la dottoressa, mentre lui si poteva dilettare alla chirurgia. Comunque questo dialogo satirico rende l'idea sull'argomento di tratto, ricco nel linguaggio popolare e modi di esprimere in maniera figurativa i diversi significati di alcune espressioni tutt'ora espresse nel luogo comune oppure altre meno diffuse oppure ormai sorpassate e sostituite con altre più contemporanee.
Un altro esempio di questo tipo è dato da uno scritto di Fausto Raso, dove ci sono due persone mamma e figlio dove la prima spiega al secondo il significato del detto idiomatico attaccare bottone. Qui di seguito riporto un frammento del testo:

"Santo cielo!, la signora Marianna – esclamò all’improvviso Giuseppe – cambiamo strada, figliolo, se ci vede ci attacca un bottone che non finisce mai.
- Ma papà, la signora Marianna è la nostra sarta; poi i tuoi bottoni sono in ordine, non ne manca nessuno, sono tutti attaccati; di cosa ti preoccupi?
- È un modo di dire, bambino mio; voglio dire che se la signora Marianna ci vede, ci ferma e comincia a parlare, a parlare; noi andiamo di fretta e non abbiamo tempo a sufficienza per prestarle ascolto.
- Allora i bottoni non c’entrano… perché hai detto “ci attacca un bottone” quando avresti potuto dire benissimo che avrebbe cominciato a parlare? Che linguaggio usi? arabo? cispadano?
- Nessuno dei due, figliolo: “attaccare bottone” è un modo di dire proprio della nostra lingua; è una frase cosí detta idiomatica; tutte le lingue, se non sbaglio, hanno le loro frasi idiomatiche.
- Idio… che?
- Idiomatiche. L’idioma è un linguaggio proprio di un popolo; deriva dal greco “idioma” che significa particolarità, peculiarità, come indica l’aggettivo greco “idíos”, appunto.
- E attaccare bottone?
- Per spiegare l’origine di questo idiomatismo occorre tornare indietro nel tempo e occuparsi un po’ di storia della medicina, ma forse sarebbe meglio dire della chirurgia. Quando l’ “arte medico-chirurgica” non era avanzata come oggi, i sanitari per cauterizzare le ferite adoperavano uno strumento di ferro la cui estremità terminava con una sorta di pallottola simile a un bottone cui si dava fuoco. Va da sé che il paziente al quale veniva attaccato il “bottone” provava, sia pure per pochissimi secondi, un dolore intensissimo. Da ciò la locuzione “attaccare bottone” fu adoperata fuori del campo strettamente medico, in senso figurato, con il significato di parlar male di qualcuno “attaccandolo” con discorsi che gli dessero fastidio, “pungendolo” con calunnie. Con il trascorrere del tempo quest’espressione ha acquisito il significato di “affliggere”, costringere, cioè, una persona a sopportare un discorso lungo e, a volte, noioso.
- A proposito di idiomatismo, quindi di lingua, papà, molto spesso leggo sui giornali “elementarietà”; altre volte, invece, “elementarità”. La “e” in mezzo, insomma, ci vuole o no?
- No, per una “regola” grammaticale semplicissima: finiscono in “-ità” i sostantivi i cui aggettivi corrispondenti appartengono alla seconda classe, hanno, cioè, la desinenza in “e”; terminano
in “-ietà”, invece, i sostantivi i cui relativi aggettivi finiscono in “o”, vale a dire gli aggettivi della prima classe. Abbiamo, quindi, “elementarità” (senza la “e” in mezzo) perché l’aggettivo corrispondente è elementare; diciamo, invece, “varietà” perché il relativo aggettivo è vario, finisce, cioè, con la “o”.
- Stando a questa regola dovremmo dire, quindi, “umanietà” perché l’aggettivo corrispondente è “umano”, con la “o” finale.
- Semplifico la “regola”, allora: fanno in “ietà” i sostantivi derivati da aggettivi che contengono una “i” nella terminazione. Abbiamo, per tanto, “vanità” perché l’aggettivo è “vano” e “notorietà” perché il corrispondente aggettivo è “notorio”.

Questo testo offre una spiegazione a un modo di dire, ma ne esistono molti altri e all'uso della parola bottone che può essere associato ad un uso diverso da come normalmente viene identificato.

Sbottoneggiare

Un'altra termine interessante è quello di sbottoneggiare (nasce nel 1523) ovvero indicherebbe deridere in modo da recare un intenso disprezzo e un sentimento doloroso, ma in maniera celata e indiretta quindi è avvertito sola dall'interessato. In tal senso nel linguaggio gergale si dice sputare bottoni oltraggiare con forza, insultare che con una sola parola è sbottoneggiare.
Esiste una serie di esempi letterari si come potrebbe essere inserita questa parola definendola in un certo senso come dei bottoni infuocati. Un esempio è dato da Leonardo Salviati nei racconti a Granchio dove suo figlio di insultato da un doganiere e il racconto segue in questa maniera:

"nel ripassare alla porta Fortunio, parendogli d'avere ragion di farlo, per isdegno dovrà contra questi asini sbottoneggiare non so che, ond'eglino … cominciarongli di rimbecco a rispondere alle rime".

"E ogni volta che eglino si ritrovano insieme facevano una filastrocca lunga lunga... Nondimeno per essere egli figliuolo di gran cittadino, e in quegli tempi assai reputato,niuno ardiva di dirgli cosa alcuna alla scoperta, benché mille bottoni aveva sputato, e mille volte datogli a traverso, ma egli o non intendendo, o facendo la vista, ecc.". (Lasca. Cene; Nov. 4. P. 28,).

Mentre, nel secondo esempio il Casotti Celidora esprime:

"terrei dentro al cortile orsi e leoni per fare tacer più d'una buona pezza, che spesso spesso danno de' bottoni, ma temo che strappando la cavezza, non mi saltino addosso con gli ugnoni".

Menzini invece, quando descrive gli Dei degli Olimpo mentre si destreggiano nei svariati mestieri per accumulare soldi racconta:

"e Momo, che nel dare certi bottoni vedeva anch'ei di buscacchiar de' bezzi, messa su le commedie, e gl'istrioni".

Un bottone-motto molto arguto e spigliato coperto da un leggero velo di ironia sagace viene espresso in ricordo il Domenichi fra le Facezie, Motti, ecc. in cui un giovane di poco bell'aspetto e di statura piccola vedeva andare in parrocchie delle ragazze in stato di gravidanza presso la chiesa di S. Margherita. Lui ai suoi compagni disse:

"queste donne se ne vanno a S. Margherita per fare belli figliuoli." E uno di loro gli rispose: "tua madre non vi doveva già andare ella - il moccicone meritava questo bottone".
Rispetti dalla raccolta del Tigri esprime altri esempi di bottoni infuocati:
"bottoni che mi date l'altro sera, non l'ho ancora finito d'attaccare. 'N pochi l'attaccherò domani a sera. 'N pochi l'attaccherò quando mi pare. Quando per casa mia tu passerai, botton mi D'Asti, e bottoni avesti.
È non accade tanto canzonare, che qualche volta canzonerò voi; è non accade i bottoni tirati, che li bottoni lì facciamo da noi.
Tu tiri lì bottoni, ed io li prendo, ti credi ch'ioli compri, e te li vendo: tirateli i botton, e lì prendo'io, tu pensi ch'io li compro e li ho fatt'io".

In questo caso il bottone è associato il suo contenuto significativo a qualcosa di negativo ed è difficile che si discosti in altro modo. Attualmente è in disuso come termine o poco utilizzato, ma potrebbe anche tornare in auge.

Attaccabottone

Con l'espressione "attaccare o affibbiare bottone" ovvero è considerato una persona che vuole fare chiacchierare qualcuno e metterlo in una situazione ridicola.
Un esempio è dato da tale frase presa da La Masa che ha scoperto da Tentenna e si sposa con Lisa. In questo caso si crea una rete di cattiveria creata da una signora matura con gli anni dove crea una groviglio di dicerie e maldicenze contro la ragazza. Comunque il dialo segue:

"Ma: "Chi in capo l'ha, negar non può il pajuolo: non facci, chi non vuol se ne ragioni, il mal. Tentenna; sai che si suol dire, che dopo il balenar vengon i tuoni".
Tent: "O Masa, voi mi fate scristianire".
Ma: "Vuoi tu altro che Lisa, la tua casa di fusa torte non farà patire".
Tent: "Voi m'affibbiate certi botton, masa, che s'io potesse averne le certezze darei la volta al corbel delle vasa".

Il bottone in generale e nel senso figurativo non viene né donato nel senso di dare e né buttato vive cioè fare il gesto di gettare. L'immagine che si percepisce di lui è di attaccarlo o affibbiarlo. Quindi, ha anche un'altra valenza, nel senso rappresentativi vuole congiungere e mettere in evidenza qualcosa che provoca cruccio. In modo da fare chiacchierare l'interlocutore e metterlo da solo in una situazione ridicola.
La locuzione "attaccare bottone" ha anche e il più conosciuto come significato quello di tenere una conversazione lunga e noiosa per cominciare a parlargli e tentare un approccio. Questa definizione nasce intorno alla seconda metà dell'800. Si ipotizza nascita del suo significato che derivi dalla costumanza del sarto di tenere in posizione statica il cliente mentre attaccava un bottone sul indumento. Di conseguenza questo veniva tenuto fermo in una posizione scomoda. In passato, invece aveva un significato ben diversa con una connotazione ben più negativa e peggiore. Data dalla calunnia e altro. 
L'origine dell'espressione attacare bottone potrebbe trarre la sua origine da un'antica arte curativa con il cautere ed è sopravvissuta fino ai giorni nostri con il significato di "intrattenere qualcuno con chiacchiere noiose" anche se attualmente ha assorbito e ridotto giungendo solo a trattenere quindi solo al suo approccio iniziale tralasciando tutto il resto che consegue. In genere allo scopo di corteggiare o proporre in prodotto di vendita o altro. Mentre il secondo significato è la calunnia , quindi screditare qualcuno ed è di epoca antica il suo significato ed è passato di moda e in disuso è considerato un reperto storico e antidiluviano. 
Un esempio è: 

“Finita la seduta incontrai salone sottosegretario che attaccommi bottone tre quarti d’ora. Liberato corsi caffè. Vuoto. Perdonatemi, dandomi modo rintracciarvi” 

di Antonio Baldini del 1920 tratto da un suo saggio.
Locuzione ideogrammatica di attaccare bottone nel 1875, in un racconto di Giovanni Faldella scrive: 

"Pippo che ha, come si dice, il vino cattivo, aveva già incominciato ad attaccare qualche bottone al Direttore del Ballo".

Dal vocabolario delle Treccani il motto attaccare bottone ha come significato quello di iniziare a parlare con qualcuno per tentare un approccio o iniziare a parlare con qualcuno per tentare un approccio, infatti, indica anche trattenere qualcuno a lungo con chiacchiere noiose.
Su quest'ultima definizione esiste un esempio letterarie da ricordare degli anni '10 del secolo scorso, dal lessicografo Benito Mussolini. Nel suo diario di guerra datato 15 febbraio 1917 annotare le espressioni gergali dei collemattoni tra cui proprio questa attaccare bottone.
Un altro esempio degli anni '50 tratto da Bartolini del 1954 esplica:

"Ha, la donna onesta, infinito rispetto per il marito; e "ripeto" non ne dice mai male. Capisce che, senza di lui, la baracca domestica non filerebbe, ed anzi tiene, in ogni momento, bene presente tale assioma. Se qualcuno le domanda, al telefono: " C’è vostro marito?" la donna quieta ed onesta non attacca un bottone telefonico; ma, piuttosto, risponde con brevi domande. Intanto, va dal marito, e l’informa del nome del rompiscatole".

Attuare bottone si può essere messi in quella condizione al telefono, online non solo dal vivo! Durante una promozione di qualsiasi prodotto. Questo può succedere per corteggiare come accadeva offline! Infatti, digitando su qualsiasi motore di ricerca l'espressione attaccabottone suggerisce anche quello con una ragazza o un ragazzo in chat. Con l'avvento dei social media è aumentato l'uso di questa parola lessicale.
In origine questa locuzione aveva una connotazione alquanto differente da quella attuale e anche con un significato antitesi, negativo vale a dire di calunnia e considerato un bottone infuocato. Secondo il vocabolario del 1421 segala l'espressione attaccabottone con il significato dir male di qualcuno, calunniare e quindi considerato un motto pungente, una frecciatina e considerato come il verbo sbottonare e con lo stesso valore significativo. Qui cita pure un esempio nei Ricordi di Giovanni di Paolo Morelli): 

"Guarda ch’ella […] non sia troppo vana, come di vestimenti, d’ire a tutte le feste e a nozze […] ché al dì d’oggi vi s’usa gran disonestà, e di gran bottoni vi s’attacca, tali che non ne vanno se non col pezzo". 

Questo tipo di espressione può provocare moralmente in dolore sia emotivo non meno forte di quello fisico.
Nel passo Ercolano si esprime così: "veces ambiguas". Invece Benedetto Varchi lo definisce come: 

"Non solamente con due voci, come essi fanno, cioè dare, o, gittare, o, sputare bottoni, ma eziandio con una sola, sbottoneggiare, cioè dire astutamente alcun motto contra chi che sia per torgli credito e riputazione, e dargli biasimo e mala voce; il che si dice ancora appicar sonagli, e, affibiar bottoni senza ucchiegli".

Con a voce affibbiare o attaccare bottoni senza occhielli esprime l'infondatezza della diceria ingiustificata in quanto il bottone non viene applicato senza l'occhiello. Tenendo conto che suggerisce un altro ambito rispetto a quello originario ovviamente inerente alla sartoria.

Dare, gettare  e sputare bottoni

Il bottone secondo alcune espressioni figurative esempio "dare, gettare e sputare" sono parole che non vengono associate all'uso dell'abbigliamento. Mentre, in realtà sono verbi utilizzati nel linguaggio gergale che hanno un significato di "cosa detta", può essere comparato e stabilito come una locuzione per indicare "dare giudizi, "gettare anatemi", "sputare sentenze" e così via. Inoltre, si potrebbe utilizzare io termine sbottoneggiare che deriva dal latino (convicia ingerere, contumelias inferre) e greco. Letteralmente e propriamente significherebbe "levare i bottoni dagli occhielli", "aprir la veste", quest'ultimo ha un significato non figurativo diverso da quello di sbottoneggiare, di cui si tratta in questo contesto. Metaforicamente potrebbe indicare anche "aprir l'animo suo", "sfogarsi", "manifestar cose prima chiuse e segrete", e "per lo più a cagion dello sdegno ch' entro ribolle". Un esempio è di Francesco Baldovino in "Chi la sorte ha nemica, usi l'ingegno" del 1763 scrive: 

"Mone contadino dice: "Scolta un po 'me. S'i' sbottono, si grida un giorno intero, Ch ' e' non mi tocca manco a dir galizia ", Voleva dir Mone, che s'egli avesse manifestato le tresche d'uno de'suoi padroni, note a lui solo, se ne sarebbe fatto di certo un gran dire in casa".

Si può dire bottone per indicare le villanie e maldicenze con espressione di bottonada, frecciata, bottota un esempio è: 

"Dar'na botonada vivere dare una frecciata, una bottota". Nel Veneziano si dice: "botonàr, sbottoneggiare, bottoneggiare, sbottonare, bottonare, motteggiare o punger con motti". 

Botta e bottonada bottone o affibiare. Ovvero, vuol intendere quel esprimersi in maniera coperta che con acuto locuzione punge altrui persone.
Dare dei bottoni maligni non cessano di esistere dei postulati.
Dare un bottone, sbottoneggiare, gettare un bottone sputarlo o attaccarlo parlare alla lontana sbottonare affibbiare bottoni senza occhielli.
In sostanza è dire astutamente un motto contro chi che sia per toglierli credito e reputazione o dargli biasimo e mala voce.
In base al dialetto e alle regionalità in cui viene utilizzata questa parola cambia ad esempio butunada è bergamasca, botonada è veronese, botonàr è Veneziano, ecc.
Il Benedetto Varchi nella Storia dice: 

"non poteva tenersi che aleuna volta non sputasse aleun bottone". 

Pertanto queste parole pungenti vengono definite sbottoneggiare cioè colpire altre persone con frasi coperte. Talvolta sbottoneggiare viene definito anche bestemmiare, maledire, ecc.
Bottata motto pungente esempio: 

"parland jer sira dla faccenda del colleg, el ma dà du o tri botton, ma mi a j' ho tasù sempr".

Ovvero tradotto in italiano comprensibile si potrebbe dire: 

"parlando ieri sera della faccenda del collegio, mi ha dato due o tre bottoni, ma io ho taciuto sempre".

Un modo di dire è quello di "gettare un mal bottone" una citazione tratta dalla Cronaca Morelliana è scritto: 

"al di d'oggi si usa gran disonestà, e di gran bottoni vi s'attacca, tale che non ne vanno se non col pezzo".

Negli antichi Sonetti si legge: 

"e tal porge botton, ch'è tutto ucchielli, che non dovrebbe sbottoneggiare".

Il Davanzati nel XII secolo, parla di Agrippina spaventata da Claudio ebbro nel vedere un bottone allacciato male. Mentre, il Fiorenzuola getta qualche bottone per scoprire il pensiero degli altri. Il Varchi nella Storie accenna che qualcuno non potenza tenersi niente da non ispirare alcun bottone. 
Il Bindi dice: 

"un mal bottone, una brutta parola. Il popolo toscano dice nell'istesso senso:dare una bottata".

Nel Ercolano dei Benedetto Varchi pubblicata per la prima volta nel 1570, cita di dare, gettare, sputare e sbottoneggiare il bottone per indicare astutamente un motto di chiunque voglia togliere credito, reputazione mentre vuole dargli biasimo e mala voce. In questo caso si potrebbe dire appiccare sonagli, affibbiare bottoni senza occhielli.
Nel XIV secolo negli Annali al n. 44 vi è scritto:

"se ha noi al presente sopra questo caso avessimo a deliberare per la prima volta, crederemo, uno schiavo per ardito amazar il padrone senza averne sputato prima qualche bottone o minaccia o parola non saggia!..."

Inoltre, è presente anche un'annotazione e dice:

"Senza averne mandato fuori qualche motto. Bottone dicesi di parola velenosa gittata così di traverso contro alcuno. Non è vivo oggi, ma è ben vivo sbottoneggiare...".

Si dice: "tal porge bottoni, che è tutto occhielli". Ovvero vuole significare tale dice male d'altri, che è pieno di vizi. Comunemente si potrebbe dire affibbiare bottoni senza occhielli o attualmente con un linguaggio più gergale e contemporaneo si utilizza attaccare bottoni senza occhielli.
Una modo di dire simile ma con significato totalmente di verso da quest'ultimo è quello di sbottonare e rappresenta una persona chiusa in se stessa, che non si vuole aprire con gli altri, prudente e riservata. Nel senso figurativo si potrebbe dire: "con me non si è voluto sbottonare". Indica una persona difficile che con fatica manifesta il suo pensiero.

Bottoni figurativi

Riassumendo in poche righe il contenuto dell'articolo è:
  • "Sbottonarsi" o "sbottonare": in senso figurato vuol dire parlare apertamente, dire e confidare senza reticenza tutto quello che si pensa e che si sa. Nel linguaggio per esempio si potrebbe dire: “con me non si è voluto sbottonare’; “oppure è un uomo prudente e riservato, che non si sbottona facilmente”;
  • "Abbottonato": chiunque sia cauto, prudente, chiuso, riservato oppure non parla e neppure si confida;
  • "Asola e bottone": sono delle persone molto unite e passano il tempo a confabulare tra di loro;
  • "Chiudersi l'abito e simili con bottoni": chiudersi nel silenzio per riserbo o cautela;
  • "Non valere un bottone" o "non stimare un bottone": avere poco valore;
  • "Attaccare un bottone a qualcuno" o "attaccabottone": trattenere qualcuno con chiacchiere inutili e noiose. Se è detta nei confronti di una donna, può sottintendere lo scopo di corteggiarla. Con l'andar del tempo il detto ha subito una deviazione, poiché in origine attaccare bottoni significava parlar male di qualcuno;
  • "La stanza dei bottoni": luogo dove si esercita il potere o posto di comando;
  • "Stare dalla parte dei bottoni": prendersela sul sicuro, fare qualcosa in modo da non avere problemi dopo;
  • "Il bottone non può stare senza occhiello": è quando due cose sono in funzione l'una dell'altra, non hanno senso prese singolarmente;
  • "Senza cinghie né bottoni, buona notte pantaloni!": usar prudenza;
  • "Tanti occhielli, tanti bottoni"; usato come doppio senso;
  • "Il nido all'uccello e al bottone l'occhiello": utilizzato come doppio senso ed è evidente;
  • "Per aver trovato un bottone non si fa un vestito": spesso una piccola fortuna, per poter essere sfruttata, richiede un costo tale che in conclusione porta più spese che guadagni;
  • "Per aver cucito un bottone non si diventa sarti": dunque non basta aver eseguito un piccolo particolare, un'operazione da nulla, per affermare di saper fare il mestiere che richiede invece un complesso di conoscenze. Non basta un solo elemento per qualificare un complesso di cose;
  • "Bottata": dare, attaccare, sputare bottoni e simili, appiccare sonagli e affibbiato bottoni senza occhielli: dialogo pungente;
  • "Sbottoneggiare": vedi bottata;
  • "Non aver tre bottoni": non aver niente;
  • "Dar bottoni e simili": vale a dire semplicemente interrogare destramente per sapere chicchessia;
  • "La vita è un bottone: sta attaccata ad un filo" ovvero la vita segue un percorso ricco di speranza, delusioni, amori, ecc. ed è facile che come tutto iniziò e segue un suo percorso che può essere facile come difficile, ma ad un certo punto potrebbe anche spezzarsi o terminare;
  • "Il filo della speranza non serve neppure ad attaccare" un bottone vale a dire che con la speranza non si fa nulla solo con quella;
  • "Nessuno nasce con i calzoni abbottonati" cioè nessuno nasce già vestito e con tutto;
  • "Senza asola il bottone ciondola";
  • "Per attaccare un bottone tutti i fili son buoni".
Il bottone è qualcosa secondo me di poco banale che può essere ritrovato in molti ambiti anche i più insoliti e sconosciuti. Anche all'interno di alcune figure idiomatiche.
Sappiate che anche nelle altre culture straniere come gli inglesi hanno anche loro i loro modi di dire:
  • On the button: perfettamente giusto, oppure al posto giusto e al momento giusto. Un esempio è i was right on the button ovvero avere perfetto ragione;
  • Push the right button: premere il bottone giusto cioè lavorare per realizzare i propri obbiettivi;
  • If you want to be accepted in your neighbourhood you have to push the right button and go to church: se vuoi essere accettato nel quartiere devi fare il necessario ed andare in chiesa;
  • Push the panic button: premere il bottone del panico vale a dire letteralmente in italiano farsi prendere dal panico. Un esempio potrebbe essere: "don’t push the panic button. We have another week to finish the job" che significa non farti prendere dal panico. Abbiamo un’altra settimana per finire il lavoro;
  • Bright as a button: chiaro come un bottone ed indica una persona molto intelligente e scaltra. In una frase potrebbe essere inserita così: my son is bright as a button (mio figlio è molto intelligente.
All'interno della cultura linguistica francese sono presenti alcune locuzioni e sarebbero:
  • À ventre déboutonnè: è caratterizzata da alcune azioni in maniera spropositata e sfrenata senza alcun centennio come ridere, mangiare con lo stomaco sbottonato;
  • La veste o la tonaca retta da un solo bottone si dice di una persona che è pronta a lasciare la veste di avvocato o di professore poiché l'indumento rappresenta il suo lavoro. In alternativa si potrebbe dire "prendre au bouton" (tradotto "prendi il bottone") per riassumere lo spirito di disciplina militare;
  • Ne tenir qu'à un bouton: aggrapparsi ad un bottone indica una persona molto insicura;
  • Mettre le bouton haut: alzare il bottone, rendere difficile e costoso;
  • Mettere il cavallo sotto il bottone indica accorciare e stringere le redini usando il bottone della briglia che sarebbe un anello di cuoio che corre lungo le redini e serve a stringerle;
  • Serrer le bouton à quelqu'n: spremere il bottone a qualcuno ovvero prenderlo bruscamente anche minacciarlo.
Sicuramente, ma non ne sono certa, esistono molti altri detti mordaci e proverbi sia in italiano che in altre lingue straniere presenti in altre culture popolari. Il bottone, offre molti spunti e incontri presenti in molti contesti differenti. Qui si è analizzato la sua presenza, nel creare un dialogo nel sua aspetto di locuzione, il suo cambiamento di significato e di uso con il trascorrere dei secoli. Ma questo è solo un suo aspetto ha molto altro da offrire.

Bibliografia

BUONARROTI MICHELANGELO (il giovane), La fiera commedia, Stamperia di S.A.R. per il Tartini e Franchi, Firenze, 1726.
Dizionario delle origini invenzioni e scoperte nelle arti, nelle scienze, nella geografia, nel commercio, nell'agricoltura, ecc. ecc., Tomo 1, opera compilata da una società di letterari italiani, Tipografia di Angelo Bonfanti, Milano, 1828.
CARRER LUIGI E FEDERICI FORTUNATO, Dizionario della lingua italiana, Vol. 1 e 6, Tipografia della Minerva, Padova, 1827.
EMMANUEL E ROCCO, Vocabolario del dialetto napoletano, Bernardino Ciao Editore-Libraio, Napoli, 1882.
MENZINI BENEDETTO, Le satire di Benedetto Menzini poeta Fiorentino con le note e postume dell'abbate Rinaldo Maria Bracci, Gennaro Rota Stampatore, Napoli, 1763.
PARISET CARLO, Vocabolario parmigiano-italiano, vol. 1 A-L, Ferrari e Pellegrini Tipografi e librai-editori successori Adorni, Parma, 1885.
POLLIDORI CASTELLANI ORNELLA, In riva al fiume della lingua: studi di linguistica e filologia (1961-2002), Salerno Editore, Roma, 2004.
Studi linguistici italiani, vol. 14-15, Edizione Universitaria, 1988.

Sitografia

https://www.aforismario.eu/2019/10/frasi-bottoni.html?m=1
https://dizionario.internazionale.it/parola/sbottoneggiare
http://www.ilmioinglese.com/2009/11/20/espressioni-idiomatiche-in-inglese-che-contengono-la-parola-button-bottone/
https://m.paginainizio.com/genio.php?id=1267
https://www.rossovenexiano.com/blog/quando-attaccano-un-bottone
http://thebutton-historythings.blogspot.com/2012/11/modi-di-dire-proverbi.html?m=1#:~:text=Proverbi%2Cmodi%20di%20dire%20e%20palindromi,-Attaccar%20bottone%3A%20rivolgere&text=Qui%20l'origine%20della%20frase,non%20pu%C3%B2%20stare%20senza%20occhiello.
https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/articoli/parole/Modi_di_dire2.htmlhttps://www.treccani.it/vocabolario/sbottonare/
button: definizione di button, citazioni, esempi e uso di bouton nel dizionario di French Littré adattato dal grande dizionario della lingua francese di Emile Littré (reverso.net)


Rivista

Focus, n. 346, 20 luglio 2021,Gruppo Mondadori, Italia.

Aggiornamento del 04/01/2022.
Aggiornamento del 16/03/2022.