mercoledì 31 maggio 2017

Cheridos


Dispositivi di fissaggio nell'antica Grecia

È affascinante e allo stesso tempo intrigante pensare all'ipotesi della presenza e del loro utilizzo dei bottoni sui chitoni dell'antica Grecia. Ma veramente i greci lì utilizzavano? Inoltre come li inserivano? Come li fissavano e come li affibiavano sul indumento? Avevano le asole? E come apparivano? Queste domande sono frustranti e le risposte altrettanto impegnative da cercare. Il primo passo è documentarsi a livello storico, archeologico e artistico per verificare la loro esistenza reale e tangibile. Quindi, in seguito si passerà alla rappresentazione dei vari esempi, testimonianze della loro esistenza attraverso sculture, vasi/anfore e quelli realmente ritrovati durante le scoperte archeologiche.
I Greci (1.200-31 a. C.), che erano un popolo di grande ricchezza, fantasia, ingegno ed amanti della bellezza capirono subito che la mancanza di bottoni costringeva ad indurre necessariamente ad una riforma dell'abbigliamento. Nella storia dell' abbigliamento vengono suddivisi in tre periodi quali sono tra cui il primo è definito arcaico (700/650-480/450 a. C. Circa), il secondo denominato classico (480/450-323 a. C. Circa), mentre il terzo e ultimo è l'ellenistico (323-31 a. C.) Altri aggiungono un altro periodo intermedio tra gli ultimi due chiamato dagli storici dell'arte periodo severo che intercorre tra il 480-450 a. C. Un elemento che caratterizza la storia del costume e la influenza particolarmente sono i popoli si stanziano in un determinato luogo e ne influenzano le abitini vestimentarie. Infatti, i Dori da cui deriva il chitone dorico che si stanziano nel Peloponneso, loro sono ricordato per aver fondato da città di Sparta. Un alto sono gli Ioni che si situano nell'Attica rinomati per Atene. Da qui nasce il chitone ionico. In seguito con l'avvicendarsi di scontri politico-militari le due culture finirono per fondersi insieme.
Brevissimamente uomini e donne indossavano una tunica chiamata chitone. Quest'ultimo in base al periodo storico cambia leggermente il modello, ma in sostanza la linea stilistica rimane sempre la stessa. I primi sopra portavano un mantello nominato himation.

Periodo dorico


Anfora in terracotta da Vulci firmata, realizzata e decorata dal pittore e ceramista Amasis, 540a. C., esposta Cabinet des médailles de la Bibliotehèque nationale de France, a Parigi.

Inizialmente, nel primo periodo l'abbigliamento sia maschile che femminile subisce l'influenza orientale sotto l'aspetto delle foggia e delle decorazioni. La linea, rigida, con motivi geometrici, rosette, scene figurative. I tessuti sono in lana, lino e cotone ricamato, i colori variano dal bianco, giallo, azzurro e rosso. I tessuti veniva drappeggiato sul corpo lasciando intravvedere qualche semi-nudità che nera considerata naturale. Generalmente gli uomini indossavano una tunica che terminava alle caviglie o fin sopra alle ginocchia chiamata chitone. Quest'ultimo era composto da un drappo di lana di forma rettangolare di circa due metri e copriva la persona dalle spalle alle caviglie o ginocchia. Tale indumento poteva avere diverse variante per esempio se allacciato su entrambe le spalle era definito amphimaskhalos e nel caso giungeva fino ai piedi era conosciuto con il termine di poderès. Mentre, il chitone corto, con cintura in vita, con affibbiatura su un unica spalla sinistra, indossato dai militari era definito exomide. Questa tipologia poteva essere indossata anche dai giovani e da coloro che conducevano una vita attiva. Questo indumento veniva realizzato in maniera molto semplice, con stoffa grezza, lasciava una spalla e il braccio destro libero per facilitare il movimento considerando il fatto che era considerato un indumento da svolgere dei lavori impegnativi.
Sopra ad esso si esibiva un mantello definito klaina o klaena  e veniva indossato da entrambi i sessi indistintamente. Questo terminava all'incirca al polpaccio, confezionato in lana grezza, in tinta unita, ma non mancano esempi decorati o con bordi ricamati.
Illustrazione di Alessandra Mambelli. La figura indossa un chitone dorico sottostante fermato sulle spalle con delle fibule e sopra di esso è posto una klaina.

Per quanto riguarda all'abbigliamento femminile è più costruito e formato da più elementi uniti insieme: una gonna a forma tubolare e termina alle caviglie conosciuta come càstula, fasciata in vita per tenerla in posizione da una zona, nella parte superiore del corpo veniva indossato una sorta di bolero denominato ependumata. Quest'ultimo in particolare era formato da un lembo di stoffa fermato sulle spalle con degli spilloni in metallo. In generale anche per quanto riguarda l'abbigliamento femminile veniva indossato un chitone ma nell'epoca arcaica solo ed esclusivamente nella vestizione femminile veniva definita peplo. Questo era formato da dei teli molto lunghi rispetto alla statura della persona e l'eccedenza in lunghezza veniva ripresa mediante una o due cinture di cuoio o di corda, di conseguenza veniva rimboccata in vita e creavano movimento ad onda e maggio volume. Il rimbocco veniva definito colpos.


Esempio di un chitone dorico, illustrazione di Alessandra Mambelli.

In seguito nel periodo più recente veniva definita peplo dorico, ma adottato allo stesso tempo anche dagli atenei, ma con delle modifica era ampio, in lana, a tinta unita, con al massimo un bordo di colore differente. 
Il peplo era composto da un rettangolo di tessuto in lana 1,80 m di larghezza e di norma era 45 cm più lungo della statura della persona che lo indossava. Questo avveniva perché la stoffa in eccedenza veniva ripiegata verso l'esterno per formare una sorta di mantello e veniva fermato sulle spalle con degli spilloni. Quest'ultima poteva anche fungere come una sorta di cappuccio e quindi coprire la testa, è conosciuta con il nome di apoptygma o diploide. Solitamente, in uno dei diversi modelli di peplo dorico prevedeva di lasciare accostati e aperti i teli di stoffa sul lato destro. Invece, in un'altra versione potevano essere cuciti fino all'orlo. Inoltre, questo indumento veniva stretto in vita da una cintura, pieghettato morbidamente per donare alla figura una certa morbidezza, cadenza e ricordava il maniera molto delicata il modello architettonico delle colonne doriche. Veniva fermato sulle spalle inizialmente con degli spilloni ma in seguito con delle fibule una su ciascun lato.
Oltre agli spilloni adottavano in generale, le fibule. Quest'ultime sono sempre state utilizzate e fin qui non c'è da dubitare, questo è testimoniato da un gran numero di ritrovamenti a partire dall'inizio dell'Età del Bronzo fino alla fine del primo del cristianesimo. Ma questo non vale per i greci poiché smisero di portatele sostituendole dopo un avvenimento increscioso e di conseguenza misero in atto una riforma dell'abbigliamento per impedire il loro impiego.
Inizialmente quest'ultimi partendo dai Micenei erano soliti ad utilizzare delle semplici spille tipo quella di sicurezza con una singola torsione del filo dove si forma la molla. Qui si potrebbe ricordare il racconto di Omero quando racconta l'uso dell'ardiglione della fibula nel descrivere il peplo di Antinoos, ottenuto da Penelope. Questo indumento ha venti fibule d'oro. Questa è una delle poche fonti letterarie che ci permette di capire come potevano allacciare gli indumenti nella Grecia antica. Mentre, mancano in tutte le restante documentazioni scritte, così diventa difficoltoso determinare il tipo di allacciatura utilizzato e la sua evoluzione di conseguenza si potrebbe solo ipotizzare in base al ritrovamento di qualche opera scultorea, ecc.
La fibula né in greco, né in latino è associata al significato moderno di spilla di sicurezza, ma significa quello che serve ad allacciare due tessuti insieme. In latino questo accessorio significa quello che serve ad allacciare due tessuti insieme per mezzo di fibbie, stringhe e chiusi varie. Mentre, in greco definisce definisce un elemento che ha un punto per traforare, con un aggancio che si chiude su se stesso come una spilla. Partendo da questo presupposto, in seguito subisce un integrazione al suo significato e viene applicato a qualsiasi cosa che permetta di unire di pezzi di stoffa, di conseguenza potrebbe anche aggiungere e comprende anche il bottone. Questo è perché forse non utilizzavano quest'ultima parola. Anche se non è giusto giustificare l'assenza di una parola specifica da parte dei greci. Per questo motivo non esistono fonti letterarie che ne certificano la loro esiste visto che non hanno un termine specifico e potrebbe essere anche per questo che in quasi tutti i libri di storia del costume quando trattano dell'abbigliamento dell'antica Grecia sostengono che loro adoperavano soli ed esclusive te delle fibule ad arco semplice inizialmente e in seguito altre tra cui quelle a forma circolare, ma escludono categoricamente l'esistenza e che potessero utilizzare dei bottoni. Ma non per questo è da escludere la loro esistenza.
Nell'Impero Romano la fibula subisce un'evoluzione stilistica e si impreziosisce ulteriormente. Da qui infatti nascono quelle definite a navicella, ad arco spezzato, cerniera, drago, ecc.
Le fibule micenee e dell'antica Grecia del periodo arcaico, sono state ritrovate in numerosi scavi, ma a parte qualche sporadico esempio cessano di apparire alla fine del VI secolo circa a parte qualche sporadico esempio qua e là.
Comunque il popolo dell'antica Grecia, intorno al periodo arcaico utilizzava delle fibule a forma circolare che ha un suo nome specifico e definita a spirale oppure potrebbe ricordare un altra definita a disco. Queste sono testimoniate da alcuni ritrovamenti e presentano delle decorazioni incise e vanno formare di cerchi o con dei motivi che ricordano la forma del ferro di cavallo.
Bottoni in bronzo, forse del VII secolo a. C., Museo archeologico di Delfi.

Periodo classico

Con avvento e l'affermazione dell'Attica sul territorio dell'antica Grecia a livello politico-culturale, subiscono di conseguenza dei mutamenti nel costume della popolazione. Infatti, la tunica viene definita chitone ionico. Questo è composto composto da due teli di lino, arricchiti da ricami, disposti uno davanti e uno dietro e percorrono tutta la lunghezza del corpo partendo dalle spalle e terminano alle caviglie, coprono anche tutte le braccia fino ai polsi. Inoltre, copre molto di più pertanto occorre l'impianto di molta più stoffa nel senso della larghezza poiché nasconde anche le braccia.  Questo viene fermato lungo tutta la percorrenza delle spelle-braccie da degli elementi di fissaggio come fibbie a spirale o bottoni per permettere di fissare al meglio le maniche. Quest'ultime potevano essere più o meno lunghe a seconda della lunghezza del tessuto impiegato nella confezione.  Anche le femmine indossavano lo stesso mantello portato dai maschi.
Per allacciare, fissare e tenere fermo, composto gli indumenti si adoperavano di varie spille, fibule, nodi, cuciture e strisce di stoffa che donavano quell'aspetto di magnificenza ricordata ancora dagli storici ed imitata talvolta dagli stilisti contemporanei.
Infatti, in questo periodo definito classico, linea era pulita, molto più morbida, libera, mossa nei movimenti. Ricorda la colonna ionica nella sua semplicità. Rende grazia, dignità e valore ala figura umana con i suo panneggi che danno vestibilità. Le fogge dell'abbigliamento maschile erano simili a quello femminile. Il chitone virile era sempre cucito sui fianchi e allacciato sulle spalle tramite l'uso di nodi o cuciture. Questi sistemi sono più sicuri ed efficenti rispetto al costume femminile e permettono alla persona che li indossa una maggiore libertà di movimento.

Esempio di un chitone ionico, illustrazione di Alessandra Mambelli.

In questo periodo storico la tunica lunga era adottata in particolare da una certa tipologia di persone quali sacerdoti, citaredi (cioè cantori accompagnati con la cedra), cittadini in alcune cerimonie ufficiali e da alcuni atleti.
Il chitone manicato chiamato poderès è quello con le maniche cucite in prossimità delle spalle.


Auriga dal santuario di Apollo Delfi, 474 a. C., Museo di Delfi. La statua raffigurante la tunica xistis indossata dagli atleti in alcune gare. Il punto vita è abbastanza in alto, messo in luce dal colpos sopra la cintura.

Tunica nominata xistis era indossata dagli atleti in delle particolari gare. Questa si presentava come un indumento con maniche corte, la loro attaccatura era cucita sul davanti e in alto. Inoltre, la veste era fermata da un cordoncino passante dietro al collo e sotto le braccia. I greci erano soliti creare dei fantastici panneggi, in questo caso potevano essere ottenuti con una cintura inserita sul punto vita per risaltare il tutto e la cadenza delle pieghe ottenuta rialzando sopra la cintura un po' di stoffa. La plissettata dell'abito ricordano le colonne ioniche formano un rimbalzo chiamato colpos.
Il chitone in base alla spalla su cui veniva passato acquisiva una denominazione differente nel caso veniva fissato su entrambe veniva chiamato chitone anfimascalo, sulla spalla sinistra chitone eteromascalo.

Illustrazione di Alessandra Mambelli di un himation da uomo.

Himation
usato come mantello che raggiunge delle dimensioni notevoli. Infatti, verso la metà del V secolo a. C. poteva essere drappeggiato anche direttamente sul corpo nudo creando delle pieghe sempre più elaborate. Mentre, questa cosa non poteva accadere per il chitone. Inoltre, esisteva un altro modello molto più semplice realizzato con una stoffa più grossolana, indossato soprattutto dai filosofi chiamo tribon. Mentre, quando era confezionato con la lana più fine e poteva avere anche delle bande colorate veniva chiamato chlanis. Ma, secondo una testimonianza di Demostene, indossarlo era una testimonianza di effeminatezza.
Dalla Tessaglia nasce la clamide, sarebbe un mantello utilizzato solitamente dai soldati, cavalieri e efebi. I mantelli erano molto importanti e in alcuni casi come citato poc'anzi potevano essere utilizzati come un indumento principale. Infatti, lo storico Plutarco racconta come i ragazzi di Sparta dai dodici anni ricevevano un mantello da indossare tutto l'anno. Questo valeva anche per costumi ateniesi forse per imitazione, per semplicità, praticità o più per la loro povertà si avvolgevano direttamente sulla pelle un telo di stoffa. A differenza degli altri modelli citati prima quest'ultimo non copriva i polpacci, era di lana molto grossa e fermato sulla spalla destra con una fibula. Questa mantella veniva tinta in generale di colore porpora con svariate tonalità. Invece, negli altri modelli andava per la maggiore il color écru e bianco, ma non mancavano anche gli altri colori come lo scarlatto e il verde.
Le donne sul finire del VI secolo a. C. iniziavano ad adottare il chitone ionico, quella esclusivamente realizzata in lino, ma in seguito vale anche per quella in lana. In principio lo spillone o spillo era utilizzato anticamente per fermare le vesti, nel 700-480 a. C. ad Atene, ma sono stati vietati e trasformati in delle fibule dopo un triste avvenimento. Infatti, alcune donne, hanno trasformato gli spilloni in delle armi micidiali. 
Questo cambiamento accadde secondo Erodoto dopo il 560 a. C. ed è dovuto dalla disfatta degli Ateniesi ad Egida (558 a. C.) dove si salvò solo una persona. Quest'ultima tornando a casa sua fu aggrediti dalle mogli perché era tornato a portare la notizia della sorte subita dai loro mariti. Queste donne non vedendoli tornare a casa dal dolore uccisero pure lui colpendolo con i loro spilloni. Da quel momento approvarono una legge che impedisse il loro utilizzo, ma l'impiego di alti mezzi per allacciare gli indumenti. Forse è per questo motivo che hanno iniziato ad utilizzare alti modi per fermare gli indumenti o l'inserimento di una sorta di bottone! Indipendentemente, da questo non ha impedito a loro di utilizzare le fibule. Talvolta, quest'ultime sono state sostituite da alcuni punti di cucitura che producono un effetto più semplice senza però distruggere la bellezza delle sue curve che sono ripiegate sui lati e formano dei drappi e panneggi incantevoli.
Secondo una fonte di un articolo intitolato "Buttons and their useon Greek garments", comparso sulla rivista "American journal of archaeology" di Kete Mck. Elderkin, del 1928, sostiene in sostanza che oltre all'uso delle fibule loro utilizzassero anche una sorta di bottoni e cita vari esempi. Rispetto ad altri studiosi del costume i quali sostengono che nel chitone ionico lungo le braccia potrebbero esserci una doppia serie di piccole fibule regolarmente sparse e aggiustate. Queste donano con grazia e vestibilità al indumento. Altre volte, ne adoperava una su ciascuna spalla per trattenere la stoffa dell'indumento indossato. Ma siccome gli antichi greci solitamente in in certo periodo adoperavano le fibule ad arco semplice pertanto non potevano assomigliare per nulla a quel modo di allacciare il chitone ionico. A meno che non poteva essere delle altro che delle fibule a forma circolare o una sorta di spilloni. Ma i primi vi sono stati alcuni ritrovati ma più o meno significativi con degli esemplari e i secondi sono stati smessi di adoperare per un cambiamento forse di moda o per la loro pericolosità. Infatti, si ipotizza che ardiglione sia molto pericoloso dovuto alla sua punta molto affilata che permette di trapassare i vari strati di stoffa ma è altrettanto utile e alquanto insidioso. Per questo motivo si pensa che anziché utilizzare quest'ultimi metodi di affibbiatura ne siano stati utilizzati degli altri. 
Inoltre, esistono vari esempi di maniche aderenti e le vesti a volte potevano essere cucite sulle spalle anziché appuntate. Infatti, alcuni venivano appuntati in modo tale da permettere di lasciare spazio per fare passare l'accesso delle braccia e della testa. Questo indumento veniva fermato da numerosi fermagli d'oro e d'argento quali fibule, cucite o bottoni, nodi che permettevano l'unione dei lembi superiori in forma più estesa dalla spalla al gomito, facendo assumere al chitone l'aspetto di una tunica manicata chiamata cheridos da cui prendono il nome i bottoni utilizzati per allacciare tale indumento. 
Talvolta le donne dell'antica grecia avevano l'abitudine di indossare più indumenti sovrapposti. Inoltre, questo è testimoniato da diverse raffigurazioni vascolari on cui compaiono alcune figure femminili con indosso un lungo chitone fittamente pieghettato e sopra di esso un chitone più corto anche questo sempre con pieghe ed era definito chitoncino o chitonixo.
Le pieghe dell'indumento erano ottenute con un sistema manuale definito "pieghettatura con l'unghia". Questo metodo consisteva nel bagnare la stoffa di lino e stringendola nel senso dell'ordito e torcendola a formare un movimento a "S" e veniva lasciata asciugare così. Le pieghe ottenute avevano un effetto piuttosto irregolare non come la plissettatura ottenuta meccanicamente prende con le macchine presenti attualmente in commercio. 
In epoca più tarda impiegavano anche la seta selvatica per produrre i chitoni. Questo materiale era conosciuto fin dai tempi del Minoico nell'isola di Cos. Questi filati per il loro pregio venivano impiegati solo ed esclusivamente dalle classi più agiate che se lo potevano permettere.
La tessitura era sicuramente un arte domestica, ma non mancano esempi di artigiani e località specializzate nella produzione di tessuti di pregio. È da ricorda infatti l'isola di Amorgos e la città di Corinto per quanto riguarda la produzione dei tessuti in lino. Chio, Mileto e Cipro per il ricamo. Patrasso per il bisso. Comunque la lana rimaneva quella che prediligevano le donne di qualsiasi stato sociale magari sicuramente quelle signore più altolocati adottavano un filato più raffinato.


Illustrazione di Alessandra Mambelli di due modelli del himation da donna: uno di dimensioni più grandi, mentre l'altro è più ridotto. 

D'inverno indossavano diversi tipi di mantelli sopra il chitone ionico. Questi poteva essere messi a modo di scialle o corti come una mantellina a forma tondeggiante. Himation era considerato un mantello prevalentemente d'uso militare, ma non solo e costituiva un segno militare e d'onore. I soldati lo portavano di spessa lana per attutire i colpi avversari. In generale, nel caso era di dimensioni più ridotte e quindi puntata sulla spalla destra, in modo da lasciare libero il braccio e fatta cadere sulle spalle, sui fianchi e sul petto, oppure appoggiata sul braccio e sulla cintura. Inoltre, permane nell'uso dell'abbigliamento femminile, ma con il tempo aumentano le sue dimensioni e pertanto si creavano vari modi di drappeggiato sempre più complessi ed elaborati. A tal punto che avvolgeva tutto il corpo e copriva persino la testa. 
La klaina si indossava come una stola appoggiata sulle spalle con i lembi posti sugli avambracci.
Faros era un mantello molto ampio, lope o klaina erano di alta foggia, emidiploide era parzialmente doppiato e il tribonio era un corto mantello laconico.

Amazzone ferita, di Policleto, statua in marmo, copia romana da una originale in bronzo dalla seconda metà del V secolo a. C., Museo Capitolini, Roma. La scultura rappresenta una donna che indossa un chitone exomide allacciato solo sulla spalla destra.

Anche le donne utilizzavano il chitone exomide, indossato in determinate occasioni probabilmente quando svolgevano dei lavori più gravosi, quindi dalle operaie, dalle schiave, amazzoni e poche altre situazioni. Questo indumento era pratico e permetteva una maggiore agilità nel movimento.
Illustrazione di Alessandra Mambelli di un chitone exomide.

I bottoni o degli oggetti simili per fermare tali indumenti potevano essere realizzati in vari materiali quali vetro, osso, legno e bronzo. Il loro uso nell'abbigliamento comunque rimane incerto anche se sono pervenute qualche testimonianza trasmette sculture, vasi, anfore, ecc.
Questi bottoni potevano essere impiegati anche per produrre delle collane, degli accessori per i telai e potevano avere tante altre funzioni a noi sconosciute.
Infatti, attualmente molti storici ancora pensano che i Greci abitualmente portavano un abbigliamento privo di asole e bottoni, composto da teli di stoffa appoggiati sul corpo e fissati sulle spalle o sul petto con delle fibule, spilloni, nodi, strisce di stoffa e cuciture. 
Secondo altri invece i bottoni erano posti lungo le maniche ad intervalli regolare e potevano variare di numero da due a otto. Abbottonatura era composta da passanti e permette in questo modo di incontrare la stoffa, ma non si sovrappone. Inoltre, appaiono circolari, leggermente convesso su un lato e varia il suo diametro da 1,3 a 7 cm, ma generalmente sono di 2,5 cm. Talvolta, i bottoni erano rappresentati su un chitone ionico, di forma rotonda e uno di ogni spalla.
Generalmente i bottoni in vetro erano disposti per le maniche sul chitone apparivano tra i 7-3 cm di diametro, convessi in altro, piatti sul retro e con un foro centrale, tra i 1-3 cm di diametro consente di fare passare un passare un cordino per fissare il bottone al tessuto. Inoltre, potrebbero avere delle cavità sottostanti nella parte posteriore dove si potevano fare inserire un attacco ad asta. 
Esistevano altri dispositivi di fissaggio per maniche in osso o avorio di 1,8-4 cm di diametro, convessi in alto e piatti sul retro, con avevano un foro centrale e decorati con cerchi concentrici incisi, punti e mezzelune parallele. Altri potevano essere piatti e avere un diametro di tra i 1,5-2,5 cm, erano decorati con uccelli da un lato e rosette dall'altro. Mentre,  un altrettanto esempio poteva essere di 7,2 cm di diametro con una rosetta e un bordo a cerchio concentrico ma quest'ultimo poteva essere utilizzato per fissare la clamide sulla spalla. Ma alcuni lo avevano classificato ed etichettato nei musei come fusaiola in particolare quelli in osso che vi erano stati numerosi ritrovamenti a Troia, negli scavi in Grecia e nelle isole circostanti. Quindi adoperato per sostenere il carico nel telaio, ma siccome sono troppo leggeri per fornire il peso necessario e inoltre sono stati ritrovati in alcune tombe e vicino vicini agli indumenti quindi si potrebbe considerare dei bottoni per abbigliamento. Comunque non si esclude il loro impiego come peso per il telaio. Ne sono stati ritrovati in terracotta, bronzo, avorio e vetro probabilmente alcuni di questi effettivamente avevano quello scopo. Altre volte, invece vengono indicati come degli accessori per formare delle collane.
I globuli in bronzo per clamide tra i 4,8-5 cm, convessi in alto, con un passante sul retro decorato con una borchia centrale e bande concentriche in rilievo.
Bottone in bronzo con stelo e una protezione sul retro, simile a un gemello.
Inoltre si pensa che alcuni bottoni potrebbe essere stati ricoperti con della stoffa forse quelli in vetro ma si esclude perché sarebbe stata sprecata la loro bellezza. Quindi si esclude in tal materia ma non per quelli in legno, però senso un materiale deperibile e pertanto sono scomparsi non si può completare e discutere su questo argomento.
Esistono numerosi elementi si possono ritrovare in varie sculture, vasi, pitture, rilievi, ecc.
Su alcune sculture venivano riprodotti degli indumenti allacciati con dei dispositivi simili a dei bottoni. In alcune sculture che sono delle copie romane come la Menade danzante, datata intorno alla fine del V secolo e in altre pitture sui vasellami, si possono individuare sulle spalle dei piccoli cerchi i quali ricordano dei bottoni, ma con molta probabilità potevano essere delle borchie. Generalmente si ipotizza che questi siano delle fibule in metallo oppure in oro o in argento. Talvolta, il chitone veniva cucito lungo tutto il telo di stoffa, ricoprivano le braccia per formare delle specie di maniche. Questi dispositivi di fissaggio, qui citati, servivano per fissare il tessuto e chiuderlo. Inoltre, nel caso delle borchie venivano chiamate cheridos e prendono il nome del chitone ionico (V secolo a. C. circa) che indossavano in questo periodo con tali caratteristiche appena descritte. 


Menade danzante (copia romana), fine V secolo a. C., Madrid, Museo del Prado. Si possono notare coma coppia di bottoni lungo il braccio che fissano il chitone ionico.

Un alto esempio è quello delle Menade danzante rappresentata su un vaso di Nikosthenes mostra un gruppo di stringhe a intervalli regolari lungo le maniche. Le corde sono tirate fortemente e sovrappongono le pieghe. 
Comunque in generale nei vasi e in quelli di Nikosthenes e di Brygos sono rappresentati degli indumenti che potrebbero essere allacciati con dei bottoni.


Vaso greco di origine Attica, figure rosse dalla pittura Brygos, 490-470 a. C.


Vaso con pittura Brygos, raffigurante Alceo e Saffo, sul lato A di un kalathos attico a figure rosse, del 470 a. C., proveniente da Akragas (Sicilia).

I bottoni venivano utilizzati anche sulle armature per allacciare gli spallacci alla corazza in epoca greca e romana. In molti esempi ritrovati mostra che i bottoni venivano avvolti attorno a delle corde o cinghie di cuoio per fissarli all'indumento poiché non avevano inventato ancora le asole.  
L'utilizzo dei bottoni non compromette la comodità dell'abbigliamento dell'antica Grecia il quale è composto da un unico pezzo di stoffa, facile da rimuovere facilmente, i bottoni sono rapidi da slacciare, da piegare e riporre in casse.
Himation talvolta era fissato con comodità sulla persona con due bottoni applicati al chitone.
Sono state ritrovate delle fibule circolari, dei bottoni in vetro, osso e bronzo.
Nel periodo Ellenico si pensa che per fissare la clamide ai tempi dell'antica Grecia e dei Romani si poteva utilizzare un grande bottone. Questo non doveva essere cucito, ma infilato tramite un'asola sulla manica. Infatti, questo è un esempio di tipico bottone gemello.
I globuli ancora non erano realizzati in materiali preziosi quale l'oro ma bensì in vetro e terracotta. Qui è possibile notare un esempio dato dalle figure di Nike da Myrina, dove forse per aspetto la spalla sinistra potrebbe essere trattenuta la stoffa dell'indumento da questo accessorio.


Nike (dea della vittoria) da Myrina in Turchia, 200 - 150 a. C.

Si pensa che utilizzassero dei bottoni di taglia piccola per le maniche del chitone Ionico mentre quelli grandi per le spalle del chitone Dorico. Questi bottoni non avevano un'asola ma venivano fissati con dei cordoncini avvolti intorno a questo accessori sul chitone. In sostanze venivano create delle specie di asole volanti.
Esisto molteplici esempi per esprimere il punto in questione cioè il dubbio che forse i greci utilizzavano altri metodi per unire due pezzi di stoffa insieme. Ma, penso che con questi ci si possa ricredere o almeno destare qualche dubbio per verificare se realmente possano esistere. In sostanza l'uso del bottone o comunque qualcosa di simile era diffuso per tutti i costumi dell'antica Grecia, compreso l'armatura.


Korai dell'Acropoli di Atene, 500-490 a. C.

È stato ritrovato un bottone in Grecia, in lamiera di bronzo con un motivo ornamentale a forma di rosetta, con un foro centrale realizzato apposta per ospitare un chiodo e che serviva per applicarlo tela o su cuoi. Inoltre, sono stati rinvenuti dei bottoni con delle perforazioni a “V” a Dimini, un villaggio in Grecia. Inoltre, sono esposti una serie di dischetti classificati come dei bottoni risalenti al VIII/VII secolo a.C. In tutti questi esemplari sicuramente non avevano una scopo funzionale e quindi non si potrebbe escludere il loro scopo ornamentale.


Bottoni con perforazione a "V" provenienti da Dimini in Grecia.

Alcuni esempi di bottoni si possono trovare in diversi musei nazionali ed internazionali e sono classificati come bottoni o con altre diciture, ma ne ricordano per forma, però con funzione ignota o differente da quella che si potrebbe immaginare.

Bottoni in bronzo del I-III secolo d. C., sono stati ritrovati a Cipro, in una tomba e considerati insoliti, probabilmente dovevano essere dei doni graditi. Forse avevano un significato speciale attualmente sconosciuto.

Bottone dell'antica Grecia.

Periodo ellenico


Illustrazione di Alessandra Mambelli di un costume del periodo ellenistico.

Nel ellenistico, la linea era sinuosa, caratterizzata da un elaborato sistema di drappeggi. Pertanto la colonna dello stile corinzio ne corrisponde a questo periodo. Nell'abbigliamento  non vi erano delle significative differenze rispetto al periodo precedente. Indossavano sempre il chitone e himation. Veniva introdotto come copricapo femminile un capello a punta definito tholia.
I Greci, siccome compivano delle tratte commerciali con l'Oriente resero fattibile in questo periodo la diffusione e l'utilizzo del cotone. Anche se lo conosceva anche prima, ma era raro e poco conosciuto. Infatti, dall'India venivano importati nuovi tessuti leggeri di cotone e di seta, apprezzati dalle femmine per la loro malleabilità nel creare nuovi panneggi inconsueti per loro. Inoltre, rendevano le figure leggiadre aggiungendo a questo i nuovi colori proposti quali rosa, verde e oro donavano un meraviglioso splendore. Questo portò ad intaccare e a compromettere la loro semplicità, integrità ed equilibrio del loro gusto.
Esempio di un chitone ionico, illustrazione di Alessandra Mambelli.

Statuetta di una ragazza trovata vicino al fiume Ilissos ad Atene, del 310-300 a. C., Museo Archeologico Nazionale.


Bibliografia

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Sitografia

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https://www.jstor.org/stable/497471

Aggiornamento del 08/09/2021.

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