martedì 20 marzo 2018

Bottoni-mania


Ritratto  di  Napoleone  Bonaparte,  The
Emperor Napoleon I, 1815 – 1816, Emile Jean
Horace Vernet National Gallery.
Nel romanzo “Il conte di Montecristo” di Alessandro Dumas ambientato all'inizio dell'XIX secolo. Il padre di Edmond Dantès il giorno delle mancate nozze del giovane veniva descritto dallo scrittore citando testualmente: “l'abito di taffetà screziato guarnito con larghi bottoni di acciaio sfaccettato”. Con questa descrizione, si ipotizza che abbia utilizzato dei bottoni in cut-steel che per l'epoca era un materiale povero ed imitava il diamante.
Il processo di realizzazione dei bottoni subì un velocissimo sviluppo grazie alla Rivoluzione Industriale. Iniziarono a essere progettate macchine per fare le 4 perforazioni che divennero prevalenti nei bottoni del costume maschile, mentre con altre macchine si potevano creare bottoni in stoffa o cartapesta semplicemente riempiendo degli stampini. Tutto questo consentì di produrre i bottoni a costi molto inferiori permettendo un maggiore impiego nell’abbigliamento, dalle scarpe ai guanti, dalle braghe alle giacche, ecc.
Essendo piuttosto impegnativo abbottonare ogni giorno una miriade di bottoni, venne inventato un'allacciabottone, ovvero uno strumento con una punta metallica a forma di gancio che cambiava dimensione a seconda del bottone.
La produzione in massa dei bottoni aumentò non solo l’offerta ma anche la varietà disponibile: nelle case, le donne tenevano un set di bottoni in ceramica o in ottone per aggiustare uniformi e quanto altro, mentre venivano sempre conservati dei bottoni pressi da capi dismessi.
Bottone in  lega  di rame  e  ghisa
discoidale,  convesso, con dei motivi
decorativi, datato al XVII-XVIII.
Nell'Ottocento i bottone era prodotto i n varie forme: rotonde, concave, a oliva, rettangolari, triangolari e prismatiche, con fori scavati nella loro superficie o con il gambo sottostante saldato.
Il bottone di madreperla ha avuto una grande diffusione nella camiceria, fu ideato e prodotto dagli inglesi nell’Ottocento.
Per le camicette delle donne di grande famiglia si usavano i bottoni di perla.
Dal XIII secolo fino alla prima parte dell'Ottocento, possiamo dire che i bottoni sono stati un privilegio maschile, ma nella seconda parte del secolo le cose si ribaltano: la grande influenza degli inglesi sul costume maschile porta a privilegiare la semplicità e la funzionalità al posto del lusso e della sfrenatezza di quello francese.
Questa nuova tipologia d’abbigliamento, che è alla base del vestiario maschile odierno, faceva un uso dei bottoni molto ridotto che venivano impiegati quasi esclusivamente per la loro funzione e non come decorazione. L'anno 1802 Abel Porter ha costituito una società nel nord-est degli Stati Uniti che ha cominciato a fare bottoni in metallo. Lui ha visto un'opportunità per le grandi imprese ed ha incominciato a produrli direttamente invece di importarli dall'Europa. Intorno alla metà del XIX secolo è stata fondata un'azienda francese Albert Parent et Cie nel 1825 noto per aver contribuito nell'aver fatto in modo che il bottone sia un mezzo utilitario e lussuoso allo stesso tempo da realizzare. In particolare nel 1844 Parent inventò un modo per facilitare le cuciture da fare sul bottone per essere fissato sull'abbigliamento. In pratica ha inventato il gambo del bottone che veniva unito alle vesti senza dover ricorrere ai fusi.
Dal 1860 le donne iniziarono ad apprezzare sempre di più questi piccoli oggetti, utilizzandoli al posto di lacci o ganci e trasformandoli in specchi degli avvenimenti mondani.
Essendo l’Inghilterra, la patria della Rivoluzione Industriale, fu anch’essa la patria della produzione massiva del bottone. Apparvero per la prima volta bottoni dorati, in vetro, in gomma vulcanizzata, in avorio vegetale (sostituto dell’avorio, proveniente dal “corozo”, una noce Sudamericana), ecc; purtroppo più le tecniche di produzione progredivano e i materiali sintetici si sviluppavano, più i bottoni perdevano di qualità.
Nell’Inghilterra vittoriana, è esploso l’amore per la botanica e per le sue associazioni con la mitologia e la medicina. I bottoni chiamati Tussie-Mussies, rappresentavano bouquet, cornucopie e quanto altro riferito al mondo floreale. Verso la metà del secolo, viene rievocata la moda della tecnica cut-steel tipica del '700, soprattutto in Inghilterra, dove i bottoni erano composti da minute cornici in cut-steel che racchiudono delicate placchette, in rame smaltato, con scenari quasi fiabeschi, con raffigurazioni di campagna e paesaggi. Tali bottoni a differenza da quanto avvenuto in passato erano ad uso esclusivamente femminile.
Nell'estate del 1877 le signore sono state colpite dal bottone-mania Ferrigni descrive nel libro “I Bottoni”, tale uso smodato: “vestiario, le suppellettili, le mobilie imbottite, le tappezzerie... Bottoncini microscopici che ravvicinano gli orli, bottoni mezzani che accoppiano i sopraggitti, bottoncini colossali che riuniscono le costure; bottoni alle portiere, bottoni sulle federe, bottoni sui materassi, bottoni sulle poltrone; bottoni sprofondati nel ripieno dei guanciali, e bottoni modellati in cento forme su tutti gli articoli di vestiario, e denominati in mille guise diverse: olivette, ghiandine, alamari, bubboli, dadi, palloncini; e bottoni sulle scarpe, sui cappelli, sui guanti, sulle cravatte e su tutto.”
I bottoni utilizzati dalle signore erano di metallo lucidati a regola d'arte o ricoperti con il medesimo tessuto dell'abito. La rivincita della bottoniera pare sia avvenuta con una certa esuberanza, almeno a giudicare dal commento sarcastico testimoniato dalla cronaca mondana dell'epoca che evidenzia l'inizio in quel periodo della moda dei bottoni-mania. Siccome molto spesso i bottoni erano in metallo, un cronista in un suo articolo pone una domanda molto interessante: chiede se il bottone-mania non sia anche una sindrome di pulizia. Infatti, i bottoni di metallo all'epoca dovevano essere sempre lucidati al massimo e molto spesso, per apparire sempre splendenti. I bottoni in passamaneria di fine Ottocento sono composti da cordoncino di seta lucida variamente intrecciato a formare un disegno appena rilevato.
Le pietre preziose sono sostituite da lustrini colorati o da frammenti di gaietto lucenti di riflessi neri.
Le asole del XIX secolo sono ancora ricamate in seta a punto festone detto anche, per l'occasione, punto occhiello o asola, l'allacciatura è quasi sempre al centro della figura e solo eccezionalmente appare spostata verso sinistra.
Quando la regina Vittoria d’Inghilterra rimase vedova del marito Alberto, nel 1861, codificò “la moda da lutto”, i bottoni vengono chiamata “mourning buttons”. Vennero adottati dei bottoni neri opachi per la popolazione, mentre quelli più brillanti in gaietto nero e più preziosi solo per quelli che se lo potevano permettere, come la regina.
Del resto i cittadini utilizzavano i bottoni lucidi neri che erano stati eseguiti in pasta di vetro, in passamaneria e in tessuto.
Il gaietto e la pasta di vetro provenivano dalla Boemia, precisamente a Jablonac, dove risiedevano le più importanti fabbriche.
Successivamente fu l’Austria il principale produttore, fino a che, nel tardo Novecento, questo tipo di bottone venne sostituito dai materiali sintetici facili da lavorare ed economici. Solitamente in questo periodo venivano applicati dei bottoncini neri e lucidi inseriti sugli stivaletti, erano di forme particolari con un asola di metallo sul fondo ed erano fabbricati in Francia, realizzati con del cartone pressato, venivano impermeabilizzati con un bagno di olio cotto prima di essere lucidati
e laccati. Siccome erano attaccati fittamente a un lembo, le asole erano strette, in pelle e poco maneggevoli.
Le signore all'epoca si allacciavano le loro calzature con l'allacciabottoni che era un arnese con un uncino con cui ci si aiutava ad inserire i bottoni all'interno dell'asola e poteva essere di guscio di tartaruga. L'allaciabottoni era parte integrante del corredo di una sposa o di qualsiasi signora.
Con l'allacciabottoni si chiudevano anche i bottoni presenti sui guanti, soprattutto in quelli particolarmente lunghi, che presentavano un'apertura verticale in prossimità dei polso, corredata da un bottone fino ad un massimo di cinque, in madreperla. La chiusura del guanto destro era difficoltosa e veniva effettuata tramite alcune contorsioni.


Bibliografia e sitografia

BEMPORAD DORA LISCIA e CHIARELLI CATERINA, a cura di Appesi a un filo bottoni alla Galleria del Costume di Palazzo Pitti, Livorno, Sillabe, 2007.
DE BUZZACCARINI VITTORIA e MINICI ISABELLA ZOTTI, Bottoni & bottoni, Modena, Zanfi, 1995, 2 ed.
EPSTEIN DINA e SAFRO MILLICENT, Buttons, New York, Harry N. Abrams Inc., 1991.
FERRIGNI PIETRO COCCOLUTO, I Bottoni nell'arte e nella storia, Napoli, Colonnesse, 1993, 2 ed.


Nessun commento:

Posta un commento