Aggiungi didascalia Incisione pubblica da W. Humphrey, del 1777, intitolata Steel Buttons- Coup de Bouton, mostra una donna abbagliata da raggi del sole clie riflettono sui bottoni in acciaio. |
Nel 1730 i bottoni
utilizzati erano particolarmente fastosi e da questo si poteva
verificare lo stato sociale della persona che li indossava,
attraverso la loro stravaganza. Questi bottoni potevano essere fatti
con le gemme preziose o di vetro. Un gioielliere parigino, rinomato
in quel periodo, era Georges Frédéric Strass che riuscì a
trasformare la propria professione in un'arte vera e propria,
riproducendo i suoi lavori in serie. Il suo primo impulso era quello
di creare un prodotto meno costoso ed alternativo al diamante,
inizialmente era incolore, spesso con un taglio a rosa e con lo stile
che ricordava il diamante utilizzato in quel periodo. Questo
procedimento e metodo di lavoro piacque e divenne una virtù che
venne riprodotta in vari colori e forme, sia in Francia che in
Inghilterra. Quello che inventò lui venne chiamato strass che
prendono in nome dal suo cognome.
Nella corte francese,
prima di Luigi XIV e successivamente a Luigi XV, i bottoni venivano
considerati come degli oggetti preziosi, aumentarono le loro
dimensioni e venivano arricchiti con pietre preziose come il
diamante. Mentre alla corte di Maria Antonietta vennero adoperati
bottoni in madreperla ed avorio, con uno stile semplice e sobrio.
Nel XVIII secolo si
diffondono delle scene in miniatura dipinte su i bottoni e
riproducono le tecniche dei pittori famosi di quell'epoca come per
esempio Watteau e Boucher. Si ipotizza che Jean-Honoré Fragonard era
l'allievo di Boucher e Chardin potesse aver dipinto almeno una serie
di bottoni in maniera verosimile a Watteau.
Venivano dipinti scene
storiche, ritratti, eventi storici, spettacoli teatrali, edifici
turistici, monumenti e qualsiasi cosa si voglia rappresentare.
Venivano riprodotto in serie dai cinque ai trentacinque pezzi da
rendere possibile una trama in sequenza in un unico set.
Una tecnica per decorare
i bottoni era la pittura sul lato posteriore del vetro frontale
chiamata “reverse painting”. Questa tecnica pittorica era
caratterizzate da permettere alla luce di passare attraverso
l'immagine e creare una certa sensazione di profondità al soggetto.
I bottoni del periodo Rococò erano
frutto dell'estro e della bizzarria di quell'epoca storia e
raggiunsero in alcuni casi degli eccessi incredibili tali che la
Baronessa d'Oberkirch nel suo libro “Il lémoires sur la cour de
Louis XVI et la société française avant 1789” dove descrisse
l'abbigliamento presso la corte francese. Certamente la Baronessa
critica, con una punta di sarcasmo e anche aspramente i bottoni
adottati abitualmente in quel periodo definendoli: “i bottoni
dell'abito non erano meno bizzarri: rappresentavano ritratti, come
quelli dei re di Francia, dei dodici Cesari, qualche volta miniature
di famiglia: due o tre audaci piccoli maestri vi misero i ritratti
delle loro amanti. I ritratti erano grandi quasi quanto uno scudo da
sei lire. Potete immaginare voi stesso a che cosa rassomigliasse un
uomo così coperto di piastre; ma era la moda! Che rispondere a
questo?”.
Nel XVIII secolo i
bottoni raffiguravano talvolta i paesaggi, in conseguenza, si
ipotizza, della passione per i cosiddetti “Grand Tour” realizzati
dai giovani ricchi e dagli artisti nell'Europa continentale. Infatti,
molti artisti di fama dipingevano a mano su scatolette, tabacchiere e
sui bottoni diversi temi come le marine, le rovine degli antichi
edifici, le battaglie, cavalieri e le scene romantiche. Questa
tipologia di bottone si era diffusa durante la seconda metà del XVII
secolo, ma fu solo nel Rococò che poté tramontare e riuscire ad
affermarsi con maggior sicurezza. Però questa moda terminò con la
fune del secolo, quando questa cambiò e richiese uno stile più
neoclassico. Si diffusero intorno alla seconda metà del XVII secolo,
i bottoni che riproducono delle scene in miniatura della mitologia
greca e romana, applicati sui gilè e sulle marsine.
Tutto questo cambiamento
è stato dato anche dalle scoperte archeologiche di Pompei ed
Ercolano che portarono alla luce un grande interesse per queste
culture.
Nel XVIII secolo c'erano
due grandi centri di sviluppo nella produzione dei bottoni una la
Francia artigianale specializzata nella lavorazione dell'avorio come
i bottoni di Dieppe, o gli smalti di Limoges. Mentre l'Inghilterra
era in quel periodo l'emblema della modernità industriale con
“jasperware” creati da Josiah Wegwood.
Alla fine del XVIII e
l”inizio del XIX secolo venne utilizzato il cammeo come materiale
per realizzare i bottoni, ma l'elevata richiesta ne denota la
sostituzione con delle pietre dure con le quali si potevano
realizzare dei bei tagli ad un modico prezzo. Fu in questo periodo
che nascono i bottoni definiti “jasperware” creati da Josiah
Wegwood. Questi erano realizzati in ceramica, di doppio colore e
creavano un effetto simile al cammeo con l'immagine bianca e lo
sfondo azzurro.
I civili e i militari
impiegavano inizialmente i bottoni in metallo, costituiti in leghe
diverse, in argento ed in oro che però successivamente vennero
realizzati anche con il materiale chiamato Sheffield Plate, scoperto
casualmente da Thomas Boulsover, nel 1743. Questo materiale è una
lega d'argento ed ottone, ricoperta superficialmente con del rame.
Questa tecnica di realizzazione permetteva dei bottoni in argento
belli, lucenti ed economici per le divise militari. Gli stampi
utilizzati per tale tipologia era quella dei bottoni in argento e con
questa tecnica si potevano realizzare molte forme anche complesse.
Nel XVIII secolo, era di
moda realizzare i bottoni in metallo con la tecnica denominata
“cut-steel”. Infatti, su questo esiste un aneddoto che racconta
di Luigi XV il quale chiese alla popolazione francese di donargli i
propri gioielli per poter sopperire alla guerra dei sette anni. Loro
in risposta alla richiesta del re hanno provveduto con un ingegnoso
sistema: hanno inventato una tecnica realizzata con un chiodo in
acciaio e carbonio, la cui testa veniva martellata in tal modo da
creare tutte quelle sfaccettature brillanti che servivano ad
eguagliare i diamanti.
Oltre a queste tipologie
di bottoni, furono realizzati anche, soprattutto nella seconda metà
del secolo, bottoni in porcellana decorati prevalentemente con motivi
floreali, uccelli ed insetti; bottoni smaltati che assecondavano gli
intricati ricami delle marsine e che racchiudevano in un piccolo
spazio dei motivi decorativi molto ricchi, realizzati con grande
perizia tecnica.
Alcuni dei soggetti più
in voga nel bottone settecentesco, oltre ai fiori, furono le
cineserie, le singeries (graziose scimmie che imitavano le
azioni umane), le scene che andavano dal giardinaggio alla pesca,
dalla caccia alla musica; infine, non poteva mancare l'interesse per
il soggetto entomologico ed ornitologico suscitato dalle
pubblicazioni naturalistiche.
Questo tema particolare
poteva essere dipinto sui bottoni oppure racchiuso in essi da dei
vetri sottili.
Nel XVIII secolo i
bottoni raffiguravano degli animali, i mazzi di fiori, gli imperatori
romani, i ritratti dei Re di Francia, le lettere che compongono il
nome della persona interessata o il suo ritratto miniaturizzato e
riprodotto su ogni asola dell'indumento.
Il Settecento era l'epoca
d'oro degli alamari in passamaneria, in seta e dei bottoni gemelli,
solitamente neri o dorati, chiamati brandeburghesi, poiché
comparivano in origine, in una giubba militare in Brandeburgo alla
fine del Seicento, impreziositi con schegge di cristallo e prodotti
dai bindellari e passamaneri.
I bottoni ricamati su
stampi di legno erano cuciti nella parte posteriore dell’indumento
e quelli in acciaio vennero utilizzati prevalentemente
nell'abbigliamento maschile.
Alla fine del '700,
durante la Rivoluzione Francese venne utilizzato il bottone come
manifesto politico ed era lo strumento ideale per far sapere a tutti
il proprio pensiero e i propri ideali.
I primi bottoni che
preannunciavano i futuri avvenimenti, comparvero alla fine del regno
di Luigi XVI, erano i bottoni caricaturali, inspirati al cammeo ma
con una forte inclinazione alla critica politica e raffiguravano le
peggiori azioni dell’uomo. I primi bottoni nettamente rivoluzionari
contenevano motti precorritori della rivolta come “Vivre libre ou
mourir” (“Vivere libero o morire”), mentre una volta presa la
Bastiglia, questo evento divenne il soggetto preferito dei
fabbricanti di bottoni.
Durante il periodo della
Rivoluzione francese erano banditi i bottoni preziosi e si cercava di
crearne degli altri più sobri.
Un’altra tipologia di
bottoni erano quelli a moneta, realizzati o con vere monete o con
buone imitazioni di queste.
Bibliografia, sitografia e cataloghi
BEMPORAD DORA LISCIA e CHIARELLI
CATERINA, a cura di Appesi a un filo bottoni alla Galleria del
Costume di Palazzo Pitti, Livorno, Sillabe, 2007.
DE BUZZACCARINI VITTORIA e MINICI
ISABELLA ZOTTI, Bottoni & bottoni, Modena, Zanfi, 1995, 2 ed.
EPSTEIN DINA e SAFRO MILLICENT,
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FERRIGNI PIETRO COCCOLUTO, I Bottoni
nell'arte e nella storia, Napoli, Colonnesse, 1993, 2 ed.
GALLAVOTTI GIORGIO, Bottoni arte, moda, costume, società, seduzione, storia, Villa Verucchio, Pazzini, 2009, 3 ed.
GALLAVOTTI GIORGIO a cura di , Il Museo del Bottone Gallavotti - Guida alla Visita - Il bottone-La memoria della storia 1600-1700-1800-1900,Valmarecchia, Topolino, 2011, 6 ed.
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