Ritratto di Napoleone Bonaparte, The Emperor Napoleon I, 1815 – 1816, Emile Jean Horace Vernet National Gallery. |
Nel romanzo “Il conte
di Montecristo” di Alessandro Dumas ambientato all'inizio dell'XIX
secolo. Il padre di Edmond Dantès il giorno delle mancate nozze del
giovane veniva descritto dallo scrittore citando testualmente:
“l'abito di taffetà screziato guarnito con larghi bottoni di
acciaio sfaccettato”. Con questa descrizione, si ipotizza che abbia
utilizzato dei bottoni in cut-steel che per l'epoca era un materiale
povero ed imitava il diamante.
Il processo di
realizzazione dei bottoni subì un velocissimo sviluppo grazie alla
Rivoluzione Industriale. Iniziarono a essere progettate macchine per
fare le 4 perforazioni che divennero prevalenti nei bottoni del
costume maschile, mentre con altre macchine si potevano creare
bottoni in stoffa o cartapesta semplicemente riempiendo degli
stampini. Tutto questo consentì di produrre i bottoni a costi molto
inferiori permettendo un maggiore impiego nell’abbigliamento, dalle
scarpe ai guanti, dalle braghe alle giacche, ecc.
Essendo piuttosto
impegnativo abbottonare ogni giorno una miriade di bottoni, venne
inventato un'allacciabottone, ovvero uno strumento con una punta
metallica a forma di gancio che cambiava dimensione a seconda del
bottone.
La produzione in massa
dei bottoni aumentò non solo l’offerta ma anche la varietà
disponibile: nelle case, le donne tenevano un set di bottoni in
ceramica o in ottone per aggiustare uniformi e quanto altro, mentre
venivano sempre conservati dei bottoni pressi da capi dismessi.
Bottone in lega di rame e ghisa discoidale, convesso, con dei motivi decorativi, datato al XVII-XVIII. |
Nell'Ottocento i bottone
era prodotto i n varie forme: rotonde, concave, a oliva,
rettangolari, triangolari e prismatiche, con fori scavati nella loro
superficie o con il gambo sottostante saldato.
Il bottone di madreperla
ha avuto una grande diffusione nella camiceria, fu ideato e prodotto
dagli inglesi nell’Ottocento.
Per le camicette delle
donne di grande famiglia si usavano i bottoni di perla.
Dal XIII secolo fino alla
prima parte dell'Ottocento, possiamo dire che i bottoni sono stati un
privilegio maschile, ma nella seconda parte del secolo le cose si
ribaltano: la grande influenza degli inglesi sul costume maschile
porta a privilegiare la semplicità e la funzionalità al posto del
lusso e della sfrenatezza di quello francese.
Questa nuova tipologia
d’abbigliamento, che è alla base del vestiario maschile odierno,
faceva un uso dei bottoni molto ridotto che venivano impiegati quasi
esclusivamente per la loro funzione e non come decorazione. L'anno
1802 Abel Porter ha costituito una società nel nord-est degli Stati
Uniti che ha cominciato a fare bottoni in metallo. Lui ha visto
un'opportunità per le grandi imprese ed ha incominciato a produrli
direttamente invece di importarli dall'Europa. Intorno alla metà del
XIX secolo è stata fondata un'azienda francese Albert Parent et Cie
nel 1825 noto per aver contribuito nell'aver fatto in modo che il
bottone sia un mezzo utilitario e lussuoso allo stesso tempo da
realizzare. In particolare nel 1844 Parent inventò un modo per
facilitare le cuciture da fare sul bottone per essere fissato
sull'abbigliamento. In pratica ha inventato il gambo del bottone che
veniva unito alle vesti senza dover ricorrere ai fusi.
Dal 1860 le donne
iniziarono ad apprezzare sempre di più questi piccoli oggetti,
utilizzandoli al posto di lacci o ganci e trasformandoli in specchi
degli avvenimenti mondani.
Essendo l’Inghilterra,
la patria della Rivoluzione Industriale, fu anch’essa la patria
della produzione massiva del bottone. Apparvero per la prima volta
bottoni dorati, in vetro, in gomma vulcanizzata, in avorio vegetale
(sostituto dell’avorio, proveniente dal “corozo”, una noce
Sudamericana), ecc; purtroppo più le tecniche di produzione
progredivano e i materiali sintetici si sviluppavano, più i bottoni
perdevano di qualità.
Nell’Inghilterra
vittoriana, è esploso l’amore per la botanica e per le sue
associazioni con la mitologia e la medicina. I bottoni chiamati
Tussie-Mussies, rappresentavano bouquet, cornucopie e quanto altro
riferito al mondo floreale. Verso la metà del secolo, viene
rievocata la moda della tecnica cut-steel tipica del '700,
soprattutto in Inghilterra, dove i bottoni erano composti da minute
cornici in cut-steel che racchiudono delicate placchette, in rame
smaltato, con scenari quasi fiabeschi, con raffigurazioni di campagna
e paesaggi. Tali bottoni a differenza da quanto avvenuto in passato
erano ad uso esclusivamente femminile.
Nell'estate del 1877 le
signore sono state colpite dal bottone-mania Ferrigni descrive nel
libro “I Bottoni”, tale uso smodato: “vestiario, le
suppellettili, le mobilie imbottite, le tappezzerie... Bottoncini
microscopici che ravvicinano gli orli, bottoni mezzani che accoppiano
i sopraggitti, bottoncini colossali che riuniscono le costure;
bottoni alle portiere, bottoni sulle federe, bottoni sui materassi,
bottoni sulle poltrone; bottoni sprofondati nel ripieno dei
guanciali, e bottoni modellati in cento forme su tutti gli articoli
di vestiario, e denominati in mille guise diverse: olivette,
ghiandine, alamari, bubboli, dadi, palloncini; e bottoni sulle
scarpe, sui cappelli, sui guanti, sulle cravatte e su tutto.”
I bottoni utilizzati
dalle signore erano di metallo lucidati a regola d'arte o ricoperti
con il medesimo tessuto dell'abito. La rivincita della bottoniera
pare sia avvenuta con una certa esuberanza, almeno a giudicare dal
commento sarcastico testimoniato dalla cronaca mondana dell'epoca che
evidenzia l'inizio in quel periodo della moda dei bottoni-mania.
Siccome molto spesso i bottoni erano in metallo, un cronista in un
suo articolo pone una domanda molto interessante: chiede se il
bottone-mania non sia anche una sindrome di pulizia. Infatti, i
bottoni di metallo all'epoca dovevano essere sempre lucidati al
massimo e molto spesso, per apparire sempre splendenti. I bottoni in
passamaneria di fine Ottocento sono composti da cordoncino di seta
lucida variamente intrecciato a formare un disegno appena rilevato.
Le pietre preziose sono
sostituite da lustrini colorati o da frammenti di gaietto lucenti di
riflessi neri.
Le asole del XIX secolo
sono ancora ricamate in seta a punto festone detto anche, per
l'occasione, punto occhiello o asola, l'allacciatura è quasi sempre
al centro della figura e solo eccezionalmente appare spostata verso
sinistra.
Quando la regina Vittoria
d’Inghilterra rimase vedova del marito Alberto, nel 1861, codificò
“la moda da lutto”, i bottoni vengono chiamata “mourning
buttons”. Vennero adottati dei bottoni neri opachi per la
popolazione, mentre quelli più brillanti in gaietto nero e più
preziosi solo per quelli che se lo potevano permettere, come la
regina.
Del resto i cittadini
utilizzavano i bottoni lucidi neri che erano stati eseguiti in pasta
di vetro, in passamaneria e in tessuto.
Il gaietto e la pasta di
vetro provenivano dalla Boemia, precisamente a Jablonac, dove
risiedevano le più importanti fabbriche.
Successivamente fu
l’Austria il principale produttore, fino a che, nel tardo
Novecento, questo tipo di bottone venne sostituito dai materiali
sintetici facili da lavorare ed economici. Solitamente in questo
periodo venivano applicati dei bottoncini neri e lucidi inseriti
sugli stivaletti, erano di forme particolari con un asola di metallo
sul fondo ed erano fabbricati in Francia, realizzati con del cartone
pressato, venivano impermeabilizzati con un bagno di olio cotto prima
di essere lucidati
e laccati. Siccome erano
attaccati fittamente a un lembo, le asole erano strette, in pelle e
poco maneggevoli.
Le signore all'epoca si
allacciavano le loro calzature con l'allacciabottoni che era un
arnese con un uncino con cui ci si aiutava ad inserire i bottoni
all'interno dell'asola e poteva essere di guscio di tartaruga.
L'allaciabottoni era parte integrante del corredo di una sposa o di
qualsiasi signora.
Con l'allacciabottoni si
chiudevano anche i bottoni presenti sui guanti, soprattutto in quelli
particolarmente lunghi, che presentavano un'apertura verticale in
prossimità dei polso, corredata da un bottone fino ad un massimo di
cinque, in madreperla. La chiusura del guanto destro era difficoltosa
e veniva effettuata tramite alcune contorsioni.
Bibliografia e sitografia
BEMPORAD DORA LISCIA e CHIARELLI
CATERINA, a cura di Appesi a un filo bottoni alla Galleria del
Costume di Palazzo Pitti, Livorno, Sillabe, 2007.
DE BUZZACCARINI VITTORIA e MINICI
ISABELLA ZOTTI, Bottoni & bottoni, Modena, Zanfi, 1995, 2 ed.
EPSTEIN DINA e SAFRO MILLICENT,
Buttons, New York, Harry N. Abrams Inc., 1991.
FERRIGNI PIETRO COCCOLUTO, I Bottoni
nell'arte e nella storia, Napoli, Colonnesse, 1993, 2 ed.